Insomma: non avrà scritto lui tutti i cento punti delle proposte emerse dalla Leopolda (anche se il pdf è partito da un suo computer, ma è una curiosità, nient’altro, dicono i suoi fan). Fatto sta che Giorgio Gori, ex dirigente televisivo Mediaset a Italia1 e Canale 5 (l’uomo che portò da noi il Grande Fratello), ora capo della società di produzione televisiva Magnolia (“L’eredità”, “L’isola dei famosi”, eccetera) annuncia con una lettera (e via twitter) che si dimette:
Gori durante la due giorni organizzata dal sindaco rottamatore di Firenze, Matteo Renzi, ormai sempre più probabile sfidante del segretario Pd Pier Luigi Bersani ad eventuali primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra, si era distinto per le sue proposte sul servizio pubblico televisivo:
Sostanzialmente Gori dice: rottamiamo la Rai.
Dalla Leopolda la proposta emersa è quella di finanziare 8 dei 15 canali Rai esclusivamente col canone mentre per gli altri, inclusi Rai 1 e Rai 2, finanziamento esclusivo con la pubblicità, con affollamento pari a quelli delle reti private, e successivamente un privatizzazione, formulando il canone come “imposta sul possesso del televisore” e rimodulando la governance della tv di stato sul modello BBC (Comitato Strategico nominato dal Presidente della Repubblica che nomina i membri del Comitato Esecutivo, composto da manager, e l’Amministratore Delegato) con l’obiettivo di «tenere i partiti politici fuori dalla gestione della televisione pubblica».
C’è una fastidiosa nebbiolina intorno alle scelte che il rottamatore Renzi ha intenzione di fare. Se e quando si candida, i suoi uomini cosa sono chiamati a fare eccetera. Ecco, penso che con la decisione di Gori questa nebbiolina piano piano si sta dissolvendo.
Qualcosa l’aveva percepita subito una vecchia volpe come Michele Santoro che l’altroieri alla conferenza stampa di “Servizio Pubblico” aveva subito attaccato Gori: «Inquietante affidare la nuova tv a chi faceva i reality»