Nel mirinoIl ritratto di Dorian Gray

Photo by Martine Franck /Magnum Photos -  Henri Cartier-Bresson, 1992   Cosa è più vicino alla realtà la nostra immagine riflessa in uno specchio o quella ritratta in una fotografia? Me lo sono c...

Photo by Martine Franck /Magnum Photos – Henri Cartier-Bresson, 1992

Cosa è più vicino alla realtà la nostra immagine riflessa in uno specchio o quella ritratta in una fotografia?

Me lo sono chiesta e vi invito a fare un piccolo esperimento: fatevi una foto e subito dopo confrontatela con la vostra immagine riflessa in uno specchio.

Se mi specchio ho una certa percezione del mio viso, della mia età, del mio corpo, mentre le stesse parti del corpo in fotografia rivelano un’immagine diversa.

E’ come se lo specchio regali eterna giovinezza mentre una nostra fotografia invecchia chiusa in soffitta.

Le metafore dello specchiamento sono infinite, da Dioniso che nello specchio vede riflesso il mondo a Narciso che muore per ricongiungersi alla propria immagine riflessa in uno stagno.

Jacques Lacan utilizza lo specchio, o meglio la fase dello specchio per identificare la nascita della percezione di sé e del proprio corpo “unito”.

Recentemente abbiamo anche scoperto i neuroni specchio che sono alla base dei meccanismi di empatia.

Probabilmente osservando la nostra immagine riflessa in tempo reale in uno specchio si attivano un’infinità di meccanismi neurali e proiettivi per cui quello che vediamo corrisponde ben poco alla realtà e molto più a quello che vorremmo o non vorremmo essere (giornate si /no), i ricordi, la memoria, ecc.

Mentre la fotografia oggettivizza, spezza l’incantesimo fusionale immediato e proiettivo dello specchio e ci restituisce tutte le nostre rughe e difetti, e allora no worries c’è sempre photoshop.

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