Kenro Izu – Cambodia 1993
Venerdì sera sono partita insieme a Michela Gattermayer, vicedirettore di Vanity Fair, e Michele Lupi, direttore di Rolling Stone, per Lucca dove eravamo invitati al weekend di apertura del Lucca Photo Fest in qualità di membri della giuria.
Per chi non vi fosse mai stato, Lucca è meravigliosa, e si mangia benissimo.
È sempre interessante prendere parte a questi eventi, l’energia che vi si respira è particolare, ed è splendido poter condividere e discutere con chi ha le tue stesse passioni, bisognerebbe organizzare qualcosa di simile anche a Milano.
Ad affollare la città toscana tantissimi amanti della fotografia da ogni parte del mondo.
Ho rivisto alcuni amici fra cui Renata Ferri, photoeditor di Io Donna ed Enrico Stefanelli Deus ex machina del Lucca Photo Fest, e ne ho conosciuti di nuovi fra cui il giovanissimo Vittorio Mortarotti autore del lavoro H presentato a Lucca e i bravissimi fotografi della VII agency Stefano De Luigi e Davide Monteleone.
Le mostre in giro per la città sono tante e tutte interessanti, il filo conduttore è l’oriente, quest’edizione del Lucca Photo Fest si chiama infatti “Sguardi D’Oriente”: Araki, Wang Qingsong, Felice Beato, Samuel Bourne, Francis Frith, Francesco Jodice e Kenro Izu ed è di quest’ultimo che vorrei parlarvi.
Kenro Izu, classe 1949, giapponese, è un Maestro della fotografia.
La sua serie “Sacred Places” in mostra a Lucca è il frutto di 30 anni di viaggi in giro per il mondo: India, Cambogia, Tailandia, Laos, Indonesia, Vietnam, Birmania, Tibet, Cina, Nepal, Bhutan, Scozia, Messico, Siria, Giordania, Egitto, Isola di Pasqua, Perù.
Kenro Izu – India 1997
Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di parlargli: Kenro Izu è timido e riservato, come risulterebbe evidente anche a un osservatore distratto delle sue foto, è molto educato ed elegante nella postura come nei gesti.
Le sue fotografie dei luoghi sacri sono magiche, meditative, osservarle induce pace e calma interiore, Izu davvero riesce a trasmettere all’osservatore la sua esperienza del luogo.
Questo piccolo uomo non più tanto giovane parte per i suoi viaggi che durano mesi da solo, con un banco ottico gigantesco che produce negativi di 35,6 x 50,8 cm, le stesse dimensioni della stampa finale che è al platino, procedimento antico e complesso di cui Izu è un massimo esperto.
I dettagli delle sue fotografie sono incredibili con una gamma di tonalità di grigio praticamente illimitata.
Quando arriva in un posto il primo giorno non fa nessuna foto, semplicemente cammina e cerca di percepire l’aria del luogo e di adeguarvi la proria “aria” interiore.
Il secondo giorno raggiunge il posto da fotografare all’alba, monta la sua attrezzatura (150 kg di macchina fotografica), si siede su un piccolo seggiolino che porta sempre con sé e osserva, sta lì tutto il giorno, giorno dopo giorno e per settimane e scatta solo un paio di frame in tutto questo tempo.
Kenro Izu – Tibet 2000
Non vuole nessun assistente per non essere distratto nel suo dialogo interiore con il luogo.
Izu aspetta il momento giusto per ore, giorni, percepisce l’aria e gli spazi vuoti, tutto questo è estremamente poetico, ed è incredibile come in quelle lastre impressionate sia palpabile tutto questo tempo, la pazienza, l’attesa, il silenzio, la solitudine, la pace, la vita e la morte.
Avete tempo per visitare questa e le altre mostre del Lucca Photo Fest fino all’11 dicembre, vi consiglio un bel week end.