Le prime impressioni su questo romanzo edito da Marsilio erano state dettate dal fastidio che generalmente provo per il marketing editoriale degli ultimi anni. In particolare mal digerivo le molte pagine entusiastiche dedicate a questo manager sconosciuto al mondo librario che scodella a sessanta anni un supposto capolavoro. Ho letto che se Proust avesse scritto un giallo, ebbene, sarebbe stato esattamente questo. La sviolinata di D’Orrico, poi, versava taniche di benzina sui miei infuocati pensieri al riguardo. Eppure mi ci sono avvicinato, in libreria, con il “timore” che potesse piacermi. La qualità dei materiali impiegati mi ha frenato. Non posso spendere, mi dicevo, ventidue euro per un libro con carta scadentissima e una copertina da supereconomico già alla prima edizione. La seconda volta però ho ceduto, dopo averne sfogliato e leggiucchiato qualche pagina, dopo aver intravisto spezzoni di indagine poliziesca e sociologica, dopo essermi detto che forse un libro in piú non mi avrebbe certamente fatto cosí male. E cosí sono caduto nella geniale trappola tesami da Costantini.
Un romanzo che è giallo, eccome, con una storia che incuriosisce, attanaglia e cattura. Ma è il contesto che fa apprezzare il libro ancora di più, anzi i contesti: quello della storia, educazione e istruzione del protagonista; quello dell’Italia del 1982; quello degli ultimi anni del nostro Paese. E un filo teso, forte e resistente che lega tutto: il potere, l’offesa, il cinismo, gli immancabili servizi più o meno deviati, un Vaticano sempre (onni)presente. Molte volte durante la lettura, la mente è andata a vicende mai chiarite della vita politica vaticana. E poi c’è l’immancabile morte di Moro, immarcescibile spartiacque di cultura, politica e lotta armata, un evento che ha segnato con le sue conseguenze molti anni dellla nostra vita italiana.
Mi è molto piaciuto anche l’espediente di utilizzare la prima persona nella narrazione iniziale, quella dei fatti del 1982 e la terza persona quando il disincantato protagonista si avvia a lottare definitivamente con i propri incubi e con il mondo esterno cinico e spesso baro. Non è certamente simpatico questo protagonista, non induce molta empatia, ma è vero, reale, rifilato di cesello dall’autore e difficile da dimenticare.
Altro elemento di merito: ho contato soltanto due refusi, ma a volte procedevo molto velocemente e potrei averne saltato qualcuno. La copertina riproduce una figura di uomo indistinta chiusa nel rosso scuro, vera amara melassa che permea il lettore.
Se si tratta di una trilogia, come si dice, allora non resta che attendere con ansia i capitoli successivi.
5 Gennaio 2012