Mompracem – Il mondo è tutto ciò che accadeGiappone e Germania spingono sulla politica industriale, Monti batti un colpo

Ora anche il Giappone si è rimesso a spingere sulla politica industriale. Il governo di Tokyo ha selezionato alcuni settori su cui ha deciso di puntare e attrarre investimenti. Attraverso il fondo ...

Ora anche il Giappone si è rimesso a spingere sulla politica industriale. Il governo di Tokyo ha selezionato alcuni settori su cui ha deciso di puntare e attrarre investimenti. Attraverso il fondo Incj (Innovation network of Japan) vuole assemblare in unico gruppo la produzione di chip di tre campioni nazionali (Panasonic, Fujitsu e Renesas) per creare un gruppo meglio posizionato per competere contro i rivali coreani e taiwanesi. Questo dopo aver già dato vita a Japan Display, un gruppo in cui Tokyo ha fuso le divisioni che producono monitor a cristralli liquidi di Sony, Toshiba e HItachi.

I settori in cui Incj vuole focalizzare la sua attenzione sono il clean tech, (termine usato per prodotti e servizi tecnologici destinati all’efficienza energetica, alla diminuzione dei consumi e, più in generale, alla riduzione dell’inquinamento), le scienze della vita (dalla biologia alle biotecnologie), l’elettronica e i nuovi materiali. «Dobbiamo competere in maniera più aggressiva» dice al Financial Times Shin Horiguchi del Ministero dell’economia nipponico.

E non stiamo qui parlando della scuola di guerra economica (Ege) francese, ma semplicemente della decisione di implementare sempre più chiare politiche industriali. Certo che l’aria sia sul tema dell’intervento pubblico sia cambiata lo si percepisce da qualche anno. E anche qui a Linkiesta, dove dell’attenzione alla manifattura abbiamo fatto una parte della nostra identità, abbiamo raccontato anche solo pochi giorni fa come la Germania, dopo aver saputo muoversi in Cina, ora stia invece puntando sull’America Latina e non solo. Berlino si impegnerà in futuro a stringere nuove alleanze politiche e soprattutto commerciali con i paesi emergenti, tra loro in particolare Brasile, Messico e India. Quegli stessi emergenti a cui ora anche la World Bank, con un cambio di opinione, consiglia di avere una chiara politica industriale.

Sia chiaro nessuno qui ha in testa interventi come quello di Parigi che nel 2009 investì 2,2 milioni di euro attraverso il fondo Fonds Stratégique d’Investissement (Fsi) nella Meccano, quella dei giochi per bambini, scatenando ilarità su quanto questo questo fosse davvero un settore strategico per l’economia d’Oltralpe. Ma registriamo che Germania e Giappone, due fra le principali economie manifatturiere al mondo, si stanno mettendo a correre e stanno disegnano piani e progetti ben chiari su quale futuro dare alle loro economie. «La politica industriale non è più un tabù, c’è un ritorno di domanda». Chi l’ha detto? Mario Monti all’Economist nell’agosto 2010. Ora attendiamo fiduciosi, o almeno in parte.

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