E’ ormai opinione comune ritenere che il quotidiano del futuro non sarà stampato sulla carta. E’ inevitabile che sarà così anche se probabilmente in tempi più lunghi di quelli che oggi si immaginano. E quando succederà, non saranno più le edicole a distribuire i quotidiani ma le relazioni tra editori, i giornalisti e gli stessi lettori.
La dinamica di questa evoluzione è già in atto e i suoi effetti sono ben visibili. La naturale simpatia tra editori e social network ha creato di fatto una stretta collaborazione tra i due mondi e oggi una buona parte dei lettori partecipa attivamente alla distribuzione spontanea dell’informazione di attualità con la quale interagisce. Le ultime rilevazioni indicano che ogni 100 lettori di una testata ce ne sono ogni giorno 2,5 che ne condividono i contenuti sui social networks. Si legge un articolo e lo si raccomanda con un “Like”, si tweetta e ritweetta, si incontra un articolo raccomandato da un amico e lo si condivide con i propri amici… In questo modo i 1.500 articoli al giorno prodotti ogni giorno dalle 35 principali testate online originano 200mila azioni quotidiane di condivisione sui social network, la maggior parte delle quali su Facebook e Twitter.
Ed ecco che l’ossesione per l’impression, l’unità di misura di base nel mercato dell’attenzione, lascia gradualmente il posto a un’altra metrica con cui valutare la forza e l’influenza di un quotidiano online: l’adesione valoriale dei lettori alle posizioni della testata e la risonanza dei temi trattati dai giornali nelle conversazioni quotidiane dei lettori. La dimensione della condivisione trasforma la fruizione d’informazione in una modalità di partecipazione attiva alla vita sociale, non più un modo per tenersi informati, tipicamente passivo, al più critico. Se l’informazione è partecipazione, l’espressione del proprio modo di leggere la realtà è decisiva: condivido sui social network l’articolo che esprime la mia opinione su un tema, che un bravo giornalista sa esprimere meglio di me. Oppure una curiosità che mi diverte, un argomento che mi tocca, un tema che so essere caro a un amico.
Dall’impression all’expression dunque, con interessanti implicazioni anche per la misurazione delle audience e le ricadute del fenomeno in termini pubblicitari. Il quarto potere della democrazia sarà in questo modo sottoposto con maggior decisione al controllo democratico? Oppure “vincerà” la demagogia delle notizie raccontate in un certo modo, per scaldare le proprie tifoserie ideologiche o solleticare la curiosità? Difficile rispondere.
La trasformazione del mondo dell’informazione è una ricca chiave di interpretazione dei cambiamenti in atto nel mondo intero. Quello che emerge già ora chiaramente è che alcuni brand della comunicazione sono diventati dei love mark: hanno i loro fan su Facebook, come le squadre di calcio, i loro follower su Twitter, come i movimenti, e forse avranno, un giorno, i loro sostenitori economici, quelli che una volta chiamavamo abbonati.