Papa Ratzinger, parlando ieri ai vescovi statunitensi, ma rivolgendosi a tutti i fedeli, ha affermato:
“Le differenze sessuali non possono essere messe da parte come irrilevanti nella definizione del matrimonio. Difendere l’istituzione del matrimonio come una realtà sociale è in definitiva una questione di giustizia, poiché comporta la salvaguardia del bene dell’intera comunità umana e dei diritti dei genitori e dei figli. In tale contesto non possiamo trascurare il grave problema pastorale presentato dalla diffusa pratica della coabitazione, spesso di coppie che sembrano inconsapevoli di commettere un grave peccato, per non tacere il danno apportato alla stabilità della società”.
Ed infine ha aggiunto: “In tale grande sforzo pastorale si presenta l’urgente necessità per tutta la comunità cristiana di recuperare l’apprezzamento della virtù della castità”.
Ora, evitiamo di commentare l’elogio della castità in una società edonistica e consumistica come la nostra. E’ evidente che la Chiesa, nella sua veste ufficiale, cioè a dire quella composta da papa e alte gerarchie ecclesiastiche, appare assolutamente lontana dalla realtà sociale e, in particolare, dal mondo dei giovani, che sembra disconoscere totalmente. A questo proposito, a fare la fotografia della realtà, senza stare a scomodare gli studi sulla secolarizzazione della società occidentale, e anche italiana, basta ricordare il calo progressivo e inesorabile della partecipazione dei credenti alla messa domenicale e, più in generale, a tutti gli eventi organizzati dalla Chiesa istituzionale. Per fortuna, la chiesa, volutamente con la “c” minuscola, è stata anche quella di don Milani, di padre Balducci, di padre Turoldo, di dom Franzoni, di don Girardi e di tanti altri. Non ultima anche quella delle Piagge, che, a Firenze, accoglie, come d’altronde fanno anche, pur in minoranza, altri sacerdoti nel resto d’Italia, coppie di omosessuali nelle parrocchie, a seguire i corsi prematrimoniali.
Detto questo, per rispondere alle posizioni dei tanti cattolici che si ostinano a prolungare e ad acuire la cosiddetta “agonia del cristianesimo”, per citare la nota provocazione di Miguel Unamuno, mi sembra interessante riportare le parole di Emmanuel Mounier e della sua laicissima rivista “Esprit”, che dovrebbero essere, oggi, di insegnamento per tutti:
“L’agonia del cristianesimo! Ha ragione chi dice che il cristianesimo deve ritrovare i cammini della terra e le quotidiane preoccupazioni degli uomini; e ha ragione chi pensa che deve invece restaurare nella sua sacra altezza la parola di Dio. Ha meno ragione però, di dire “invece”. Perché non si tratta più, effettivamente, per raggiungere gli uomini, di dedurre dalle encicliche una “dottrina sociale cristiana” che perda il fiato, in modo penoso per il suo prestigio, con cinquant’anni di ritardo sullo sviluppo delle idee e dei fatti. Quando Cristo ha detto: “il mio regno non è di questo mondo” non ci ha detto che noi non siamo di questo mondo, ma che il suo messaggio non era direttamente destinato alla felice sistemazione di questo mondo. A questa sistemazione noi vogliamo lavorare affrontando direttamente le difficoltà dell’ora, e non avvilire la trascendenza cristiana con sistemazioni zoppicanti, ridicole davanti al mondo e ridicole davanti a Dio.” (E. Mounier, Agonia del cristianesimo, “Il Politecnico”, n. 31-32, luglio-agosto 1946, p. 8).
Per fortuna, anche questa è chiesa.