Mompracem – Il mondo è tutto ciò che accadeHa ucciso 16 persone, fra cui molti bambini, ed è anche lui un padre: ma fa la differenza?

Il sergente Robert Bales che, secondo l'accusa, sarebbe l'unico responsabile dell'assassinio a freddo di 16 civili afgani, in maggior parte bambini, è un padre di due figli. Il cronista dell'Afp ch...

Il sergente Robert Bales che, secondo l’accusa, sarebbe l’unico responsabile dell’assassinio a freddo di 16 civili afgani, in maggior parte bambini, è un padre di due figli. Il cronista dell’Afp che ha visto fra i primi il risultato della sua azione, ha parlato di un’operazione eseguita a freddo, entrando nelle case e sparando con freddezza e precisione. Vi risparmio i dettagli. Non so se il Pentagono stia cercando di scaricare tutta la colpa su Bales, ma so che il fatto che anche lui, come me, sia un padre, mi ha colpito molto. Tanto più oggi nel giorno in cui i nostri figli ci aspettano a casa per festeggiarci.

So già l’obiezione che mi si può fare: tanti fra i gerarchi nazisti erano padri, e più in generale non credo esistano dati che dicano che chi ha figli sia meno crudele, o meno sanguinario. Anzi. Alessandro Borgia lasciò morire un uomo come Savonarola che lui stesso riteneva santo e, eccezione fra i papi, di figli ne aveva due, e che figli. E potremmo andare avanti. Il contrario poi sarebbe terribile: difficile credere che uno, solo perché single, possa essere più prono alla violenza, tanto più che in Italia i dati dicono che la famiglia è spesso un luogo violento. Però in qualche modo, proprio sull’essere padre gli americani hanno puntato nella speranza di umanizzare i loro soldati, di farli sentire uomini anche in contesti in cui può essere facile dimenticarlo. Un approccio un po’ semplicistico, non c’è dubbio, ma lo sappiamo: gli americani sono gente semplice, se tu gli tiri un calcio sugli stinchi, loro ti invadono l’Iraq. In qualche modo è la loro forza come anche la loro debolezza. Posto questo, credo valga la pena raccontare questa storia.

Qualche anno fa ebbi l’occasione di visitare l’accademia della Marina militare americana, ad Annapolis, nel Maryland, quella dove studiò John McCain e tanti altri esponenti delle prime file dell’establishment Usa. Quando si entra in un posto simile, si sente subito che la morte appartiene all’orizzonte. Se si fa carriera militare qui o a West Point si è consapevoli che si potrà andare in guerra. Gli allenamenti sono duri, come quelli dei film e un numero altissimo di studenti molla al primo anno. Gli Stati Uniti sono spesso in guerra e se studi ad Annapolis, lo sai che prima o poi potrai davvero finire ad uccidere a qualcuno nella speranza di non essere ucciso.

Ad un certo punto notai che c’erano diversi matrimoni in programma quel giorno. Ogni volta che passavo davanti alla chiesa vedevo uscire coppie di sposi, lui in alta uniforme, lei in bianco e i commilitoni a festeggiare. Non sembrava una scuola militare, sembrava di essere in un qualche Eden. Quando chiesi spegazioni di così tanto amore, un ufficiale mi raccontò che loro incentivavano molto i matrimoni. Non solo perché nel mondo conservatore dei militari il “Dio, patria, famiglia” è uno zenit. Chi si sposa ha diritto a una casetta all’interno della base, una di quelle a due piani sul cui esterno sventola una bandiera a strelle e striscie. Soprattutto però, mi disse la mia guida, «se hai moglie e figli quando sei in guerra ci pensi due volte prima di sparare a degli innocenti».

Ecco, ho voluto credere a quelle parole. Ho voluto credere che davvero quell’iniezione di senso nelle nostre vite che sono i nostri figli, potesse essere un antidoto al male e alla sua banalità. Sapevo che non era così, sapevo che appunto non ho dati per credere che un padre sia meno incline alla crudeltà. Ho pensato alle storie di mafia, ai ditattori alla Pinochet o alla Duvalier, al fatto che, fosse così semplice, il mondo sarebbe un posto lineare, dove la logica del causa-effetto sarebbe una linea retta anziché quella curva tortuosa di cui molto spesso è difficile venire a capo. Ma mi piaceva crederci, mi piaceva credere in quello che non è per niente un fatto ma solo una speranza, un augurio, o forse è ancora più labile di un desiderio. Ma oggi che Bales mi ricorda che noi padri siamo uomini come gli altri, niente di meno, ma soprattutto niente di più, non voglio lo stesso eliminare quella speranza legata al detenere la responsabilità di vite altrui che è non vera, inutile, forse perfino dannosa, ma che contribuisce a rendere le mie figlie un antidoto all’infinita vanità del tutto. No Bales, questa non me la togli.

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