Con oltre la metà degli esseri umani ormai concentrati nelle città grandi e piccole del mondo, i conglomerati urbani saranno, nell’arco dei prossimi dieci anni, il “centro focale” dove si cristallizzerà la crescita economica. Capire dunque chi sia meglio posizionato per sostenere la sfida del XXI secolo è sempre più importante per aziende e amministrazioni. A compilare la lista di pregi e difetti di 120 città del mondo è allora l’Economist Intelligence Unit (EIU). Che ha piazzato New York e Londra al primo e al secondo posto della classifica delle città più competitive.
Il risultato, francamente, sulle prime può apparire come un’ovvietà. In realtà lo studio – scaricabile qui – evidenzia che, se si guarda strettamente al tema della crescita e della “forza economica”, i paesi sviluppati rientrano nella top-ten in soli due casi con New York e Tokyo – rispettivamente al quarto e ottavo posto. A dominare è l’Asia (in particolare la Cina). Città come Tianjin e Shenzen si guadagnano medaglia d’oro e d’argento con una crescita prevista da qui al 2016 di circa il 12% l’anno. Valori irraggiungibili per Londra e New York che, seppur vittoriose nella classifica generale, possono sperare di aumentare il loro Pil nello stesso periodo – rispettivamente – del 2,7% e del 2,4% ‘soltanto’. Detto questo, recita il rapporto, “nonostante le preoccupazioni che la crisi finanziaria abbia rallentato gli investimenti per lo sviluppo urbano, le città americane e europee restano le più competitive al mondo e la loro capacità di attrarre capitali, imprese, talenti e turisti non è diminuita”.
Perché? La risposta in sintesi: non si vive di solo Pil. “La competitività”, scrive l’EIU, che ha realizzato lo studio su imput del gruppo bancario Citi, “è un concetto olistico; se da una parte crescita e dimensioni economiche sono importanti, altri fattori come le regolamentazioni in materia di ambiente e impresa, la qualità delle risorse umane e la qualità della vita concorrono nel risultato generale”. Ecco allora che, per tornare alla classifica generale, al terzo posto troviamo Singapore, al quarto posto, a parimerito, Parigi e Hong Kong, all’undicesimo Francoforte, al ventesimo Seul e Stoccolma. La capitale della locomotiva cinese, Pechino, deve dunque aspettare il 39esimo posto. Poco più in là, rispettivamente in 47esima e 50esima posizione, compaiono le candidate italiane Milano e Roma. Che salgono al 19esimo e 20esimo posto se si guarda all’aggregato europeo – dietro non solo a Londra (1/a) e Parigi (2/a) ma anche a Madrid (11/a), Barcellona (17/a), Berlino (12/a), Bruxelles (14/a) e Dublino (10/a).
Per dare le pagelle l’EIU ha usato 31 indicatori – il Pil nominale e pro-capite, per l’appunto, ma anche l’istruzione, la sanità, la difesa dell’ambiente e le infrastrutture – divisi in otto categorie – “forza economica”, “maturità finanziaria”, “incisività delle istituzioni” ma anche “aspetti sociali e culturali” e “capitale umano”. Un esercizio, quello del rapporto, che appare ben poco accademico se si considera che, prese nel loro insieme, le 120 città recensite generano oltre 20 milioni di miliardi di dollari. Ovvero più dell’Unione Europea o degli Stati Uniti.