Fra poche ore, il collegio giudicante della V sezione penale della Corte di Cassazione di Roma si presenterà in aula e segnerà l’epilogo della vicenda giudiziaria che, dal 1997, coinvolge il senatore Marcello Dell’Utri.
Dopo la condanna in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e la parziale riforma della sentenza d’appello del 29 giugno del 2010, che mitigò la pena a 7 anni, la Suprema Corte, su ricorso presentato dall’imputato e dalla Procura di Palermo, pronuncerà una sentenza attesa da anni.
Metterà un punto definitivo, assolvendo o confermando la condanna d’appello, ad una storia che ha visto l’oscuro intrecciarsi di mafia, politica e affari.
Una vicenda, quella del presunto – fino a passaggio in giudicato della pronuncia – coinvolgimento del senatore siciliano in attività di agevolazione e favoreggiamento di ‘Cosa Nostra’, che affonda le radici ben prima del 1992 e della “discesa in campo” di Berlusconi e della sua creatura Forza Italia.
Verità giudiziale e verità sostanziale spesso non collimano; a volte non coincidono.
Nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Palermo sono state esplicitate le ragioni della riduzione della condanna. L’imputato, secondo quanto scrive il collegio, avrebbe continuato in continuità l’attività di supporto e collaborazione con la criminalità siciliana fino al 1992. Un mafioso si, per i giudici, ma a tempo. Nulla a che fare il periodo stragista nè con gli omicidi di Falcone e Borsellino.
Poi no. Non più.
Molti, date le motivazioni, hanno avuto il sospetto che fosse una sentenza “politica”, una sorta di assoluzione piena dell’attività di Forza Italia e del suo ideatore Berlusconi, quasi a significare che le relazioni e la condotta, che integra il reato secondo i due gradi di giudizio, non avessero avuto la forza e la capacità di influenzare l’operato politico del partito appena nato.
Si attende una sentenza complessa e destinata ad avere ripercussioni nell’opinione pubblica e nel mondo politico. E’ probabile che l’onda d’urto di un eventuale verdetto sfavorevole avrebbe di certo conseguenze negative sugli equilibri interni, già precari, del Pdl, con possibili contraccolpi sulla linea di sostegno al governo Monti.
La conferma della condanna sarebbe l’ennesimo scossone e, forse, decreterebbe definitivamente la fine del berlusconismo.
L’archiviazione di una stagione politica è vicinissima.
L’avvocato del senatore Pdl, Massimo Krogh, parla di un Dell’Utri provato e teso, conscio che “ciò che deve essere, sarà”. Quasi che fosse sicuro di un esito per lui già scritto, ma per noi ancora aperto.
Su un piatto della bilancia pende un pezzo importante di storia politica e giudiziaria della ‘Seconda Repubblica’. Sull’altro, le parole della Corte.
L’esito non è scontato, ma le conseguenze politiche certe. Soprattutto per una parte politica.
Marcello Dell’Utri è stato uno dei fondatori ed ideatori di Forza Italia e, da dirigente di Publitalia, riuscì a trasformare la campagna elettorale di Berlusconi del 1994 in una strepitoso drenaggio di consensi.
Se la Cassazione, stasera o al più tardi sabato, dovesse confermare la condanna, si apriranno le porte del carcere. Come per l’ex Presidente della Regione Sicilia Cuffarò.
La pagina politica e civile più brutta della nostra storia recente, fatta di legami e collusioni tra potere, mafia e affari, è già stata scritta.
Ora, tocca alla Corte scrivere quella giudiziaria.