La Nota Politica dei VentenniStrage di via D’Amelio: la Cassazione richiede le carte del Processo Bis. Solo “vigilanza”, ma si sospetta la sanzione disciplinare per i giudici di Caltanissetta

Sono trascorsi quasi due anni da quando, in quel 20 luglio del 2010, i Procuratori Capo e Aggiunto di Caltanissetta, Sergio Lari e Nico Gozzo, prima di essere auditi in Commissione Antimafia, dichi...

Sono trascorsi quasi due anni da quando, in quel 20 luglio del 2010, i Procuratori Capo e Aggiunto di Caltanissetta, Sergio Lari e Nico Gozzo, prima di essere auditi in Commissione Antimafia, dichiararono di essere “ad un passo dalla verità sulla strage di via d’Amelio. Una verità clamorosa di cui la politica potrebbe non reggere il peso”.
Suggellarono, con queste parole, ufficialmente la riapertura delle indagini sull’attentato di Via D’Amelio, in cui il 19 luglio del 1992 persero la vita il giudice Borsellino e la sua scorta.

La strage di Via D’Amelio, il 19 luglio 1992

Lari, allora, sosteneva di essere giunto, insieme ai colleghi nisseni, ad “un momento cruciale per le indagini e per l’accertamento della responsabilità della classe politica di allora”, non esimendosi dal sottolineare come “dagli elementi acquisiti sembrerebbe proprio che non sia stata solo la mafia a volere la strage di via D’Amelio.

Un caso difficile e pericoloso, la cui riapertura ha suscitato numerose perplessità e scatenato accese polemiche. Inevitabili e aspettate, anche per la volontà e la necessità dei giudici di ricostruire la trattativa Stato-Mafia, perché “in essa sicuramente ci sono le ragioni del periodo stragista del 1992”, concluse Lari.

Oggi, però, la Procura di Caltanissetta non ha avuto un felice risveglio, come riportano le colonne de “Il Fatto Quotidiano”.

E’ stata diffusa solo stamane, infatti, una nota della Corte di Cassazione, a firma del Procuratore Generale Vitaliano Esposito, che richiede di acquisire le carte del processo “D’Amelio bis”, al fine di verificare se il Procuratore generale del distretto di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, abbia esercitato “la corretta condotta di vigilanza e controllo” sull’operato dei Procuratori Lari e Gozzo e del gip Giunta.

Una nota ufficiale che segue alla istanza di acquisizione, inoltrata da Roma allo stesso gip , di una copia dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa nelle precedenti settimane, con cui Giunta ha ricostruito la nuova dinamica dell’uccisione di Borsellino.
Molti, però, sia a Roma che a Caltanissetta, ritengono che la richiesta della Cassazione sia il preludio dell’adozione di provvedimenti disciplinari e di iniziative a carattere sanzionatorio contro i magistrati nisseni.

La Suprema Corte, con la richiesta degli incartamenti e delle ordinanze – fatto che non ha precedenti nella storia dell’Antimafia- potrebbe censurare e sanzionare la violazione della normativa sulla privacy, che avrebbe leso i tanti nomi eccellenti coinvolti nelle indagini e riportati nelle ordinanze. Si tratta di esponenti politici di primo rango, che sono stati indicati e che sarebbero coinvolti a vario titolo nelle trattative tra Stato e ‘Cosa nostra’, tra i quali figurano gli ex ministri Nicola Mancino, Claudio Martelli Giuseppe Conso e gli ex presidenti del Consiglio Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi.

Fatto sta che oggi a Caltanissetta, in Tribunale e in Procura, non si parla d’altro.

Mai la Cassazione si era ingerita nell’operato e nell’istruttoria dei processi di mafia.
Segnale, anche alla luce della sentenza Dell’Utri, che a Roma si avverte la necessità, dati i fatti e i nomi coinvolti, di agire con il massimo scrupolo e cautela.

Che sia, come sottolinea la richiesta della Cassazione, l’inizio di una semplice attività di controllo o il preludio di un’azione disciplinare, rimane comunque un unicum senza precedenti.

C’è chi, nel capoluogo nisseno, non ritiene che Esposito si fermerà solo ad una semplice valutazione del rispetto formale delle regole e dei compiti di vigilanza, ma attiverà di certo il procedimento sanzionatorio. E usa, per suffragare i propri timori, quella lettera U del decreto 109 del 2006, che elenca gli illeciti disciplinari dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, ritenendo motivo di censura e sanzione “la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando e’ idonea a ledere indebitamente diritti altrui ovvero dei soggetti che non sono parte del procedimento”.

Se fosse confermata l’attivazione della procedura sanzionatoria per tale motivo, sarebbe comunque senza precedenti. Una novità importante, che riaccenderebbe il dibattito sui confini tra diritto di informazione e rispetto, da parte dei magistrati, del segreto istruttorio.
A Caltanissetta, la ritengono un’ingerenza non motivata e una sostanziale censura. A Roma, un invito alla cautela.

Da notare che la richiesta della Corte giunge proprio all’indomani delle dichiarazioni rilasciate da Roberto Scarpinato, in una conferenza stampa a margine di un convegno organizzato dalla Fondazione Falcone, in cui il P.g. di Caltanissetta ha parlato, in merito alle indagini sulla strage di Via D’Amelio e sulla Trattiva Stato-Mafia, della scoperta di “ scenari nuovi e inquietanti”.

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