Chi di spada ferisce, di spada perisce.
Esattamente un mese fa – era il cinque marzo- Umberto Bossi, rivolgendosi a Mario Monti si esprimeva così:“Rischia la vita. Il Nord lo farà fuori”.
La nemesi invece ha fatto fuori lui, costretto a dimettersi da segretario, in seguito all’inchiesta che ha coinvolto l’ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito.
Quella rivolta a Monti rappresenta solo l’ultima sortita di un florilegio di frasi ad effetto e provocazioni che, nel corso degli anni, non hanno risparmiato niente e nessuno. Perchè Bossi, a pensarci bene, ha avuto una ‘parola buona’ per tutti; dal “terùn” affibbiato al presidente della Repubblica, alla “mezza cartuccia” con cui ha etichettato l’amico/nemico Silvio Berlusconi.
E pensare che c’è stato un tempo in cui un Bossi leggiadro e gaudente si esprimeva da vero stilnovista. Correva l’anno 1964 e l’allora ventenne Senatùr incideva canzonette con il nome d’arte di Donato.
A distanza di quasi cinquant’anni da allora, il fondatore della Lega Nord ha poi cambiato repertorio, passando dalle canzonette agli insulti.
Insomma, il leader del Carroccio esce di scena – si fa per dire- lasciandoci in eredità un armamentario verbale che è un blob infinito a cui attingere a piene mani.
Ce n’è per tutti i gusti: dal celodurismo assurto a scuola di pensiero, alla minaccia dei fucili sempre carichi e pronti all’occorrenza. Ma il leitmotiv del leader padano fin dal suo esordio in politica è incarnato dalla lotta, senza esclusione di colpi, contro Roma ladrona a colpi di SPQR, il cui acronimo nella visione leghista, riveduta e corretta, è diventato: Sono Porci Questi Romani.
Quando a Bossi le parole non bastavano più, entravano in scena i gesti: dalla classica pernacchia alla rutilante liturgia del dito medio. In questo modo, il senatore è riuscito a infiammare i militanti e a superare la barriera della dialettica politica.
Oggi che il re padano è nudo, abbiamo la consapevolezza che le sue intemperanze non ci mancheranno.
Anzi, caro Senatùr, adesso possiamo confessarlo spassionatamente: noi, alla storia che l’erba del Ticino sia sempre la più verde, non ci abbiamo mai creduto.