Ora anche i grandi giornali italiani, dal Sole 24 ore al Corriere della Sera fino alla Repubblica, cominciano a dubitare delle politiche recessive del governo Monti e della signora Merkel. I guasti di quelle politiche cominciano ad essere troppo onerosi in termini sociali e di riflesso la caduta di consenso lambisce anche i giornali. Saranno le critiche del premio Nobel Krugman e dei maggiori economisti americani, sarà il malcontento sociale che monta di giorno in giorno, con suicidi sempre più frequenti tra gli imprenditori, ma resta il fatto che la filosofia liberista che ispira la politica economica della Germania della Merkel e quella dell’Italia di Mario Monti sta mostrando insidiosi scricchiolii. Tra l’altro, come indicava Federico Rampini ospite di Michele Santoro, il modello tedesco non è così liberista come lo è in politica estera. In Germania hanno realizzato il salario di cittadinanza e sono riusciti ad affrontare la disoccupazione con una riduzione e dell’orario di lavoro. Progetti che noi ce li sognamo.
Da noi invece il pareggio di bilancio comincia a essere sospettato di diventare la camicia di forza della crescita e la linfa vitale della recessione. L ‘appello di Mario Draghi alla crescita è il sintomo del nervosismo che circola negli alti scranni delle istituzioni finanziarie europee. Il governatore della Bce per formazione culturale ed economica è molto sensibile ai venti che arrivano dagli Stati Uniti e probabilmente deve aver letto i giornali americani che definiscono disastrosa la politica economica europea ha deciso di alzare la voce. Fino a un mese fa anche la grande stampa, con la benedizione della presidenza della repubblica, applaudiva al governo dei tecnici, vissuto come atto di liberazione dall’era berlusconiana. Ma dopo i primi entusiasmi comincia a nutrire il dubbio che le cose non stiano andando come si deve. Corrado Passera ha detto che non bisogna immaginarsi un’ideona che risolva la crisi. D’accordo. Ma il guaio è che fino ad ora non si è vista neppure un’ideuzza per uscire dalla crisi.
Il campanello d’allarme, quello che probabilmente ha messo sull’altolà Mario Draghi e la stessa Merkel, è stato l’esito del primo turno delle elezioni francesi con la vittoria di Hollande e con la prospettiva della fine dell’egemonia tedesca. Una prospettiva che potrebbe portare a una frattura del fronte europeo e a una crisi verticale della politica economica che ha dominato prima di tutto a Berlino. Non è escluso che prima o poi alla fine di questa crisi rispunti il keynesismo oggi sepolto dagli adulatori del dio mercato.
26 Aprile 2012