In queste ore si discute di finanziamento pubblico ai partiti, non ne parlerò in questo post, ma credo che il tema si inserisca bene nella locuzione “il partito sono io”.
In sintesi, con il termine partito personale il politologo Mauro Calise sulla metá degli anni ’90 ha fortemente influenzato le analisi e le valutazione dei partiti post Tangentopoli. In verità, il processo ha radici profonde che vanno cercate ben prima dell’inchiesta del pool Mani Pulite, ma la massima espressione si è avuta durante la Stagione dei Sindaci e nel periodo in cui la fiducia verso i partiti ha toccato i minimi storici.
In queste settimane mi è capitato di osservare, leggere ed assistere ad un rafforzamento di questo processo, fino ad arrivare ad assumere distorsioni – per chi come me crede che i partiti vadano riformati ma non “eliminati” – con toni e sfumature interessanti ma, nello stesso tempo, preoccupanti.
Uno dei laboratori è senza ombra di dubbio la città di Napoli, e non solo. Si veda anche Milano, Cagliari, Firenze e, non in ultimo, Bari, che in maniera differente lanciano pesanti segnali al sistema politico italiano.
Sempre a titolo esemplificativo, su questo modello l’attuale Sindaco di Napoli, De Magistris, ha fatto scuola. Da solo, con un partito come l’IDV che lo ha sostenuto ma relativamente, allontanato dal Movimento 5 Stelle, ha vinto con una coalizione che tutta insieme non prendeva i voti che solo il PD aveva preso sulla città di Napoli.
Una personalizzazione, dunque, non del partito, non della politica ma dell’intero spazio pubblico e, ovviamente, politico. De Magistris procede a gonfie vele con i consensi, l’opinione pubblica è ancora dalla sua parte e l’America’s Cup lo ha ulteriormente rilanciato in questi giorni fino a far apparire Napoli come una città rinata, nell’immagine e nella sua dignità sociale e politica.
In questa danza di consenso e governo della città i partiti sono scomparsi. Lo stesso Tommaso Sodano, suo assessore e vicesindaco e noto esponente della Federazione della Sinistra, appare inghiottito da questo meccanismo di dissoluzione totale dei partiti.
Questo modello de “il partito sono io” è facilmente riproponibile anche su scala nazionale alle prossime politiche.
In breve e per essere chiari, nelle elezioni politiche del 2013 potremmo assistere – provo ad ipotizzare – alla candidatura di una lista civica nazionale con personalità politiche distanti dai partiti. Per esercizio accademico provo anche a fare dei nomi: Pisapia da Milano, Emiliano da Bari, Zedda da Cagliari, De Magistris da Napoli e si possono aggiungere tanti altri nomi. Ognuno con il suo “cerchio magico” di persone fidate. Tutti oltre i partiti, tutti con un solo intento, proporre un soggetto politico nuovo che – visto lo stato comatoso dei partiti in questi mesi – potrebbe raggiungere anche elevati consensi.
Lo so, forse l’esercizio accademico è piuttosto azzardato, ma il modello de “il partito sono io” va valutato come variabile che può intaccare e non poco il sistema politico italiano così come lo abbiamo sempre conosciuto.
Resta però da comprendere, una volta al potere, come questo modello possa effettivamente adattarsi ai meccanismi leziosi e arrugginiti di un esecutivo nazionale.
C’è una postilla in chiusura che va per forza di cose inserita. Davanti ad uno scenario simile i partiti certamente non staranno a guardare, e a quanto pare tra riforma del sistema elettorale e voglia di Grandi Coalizioni, la guerra ai portatori del modello “il partito sono io” é già in atto e ha cominciato a fare le prime vittime.
13 Aprile 2012