Diario grecoIl suicidio “tragico” di Dimitris Christoulas, e le prossime elezioni

Ieri, 7 aprile, un certo numero di persone si andavano ancora raccogliendo a Syntagma, davanti al parlamento. Andavano lì per ricordare ancora il suicidio del 77enne farmacista in pensione Dimitris...

Ieri, 7 aprile, un certo numero di persone si andavano ancora raccogliendo a Syntagma, davanti al parlamento. Andavano lì per ricordare ancora il suicidio del 77enne farmacista in pensione Dimitris Christoulas di cui già si è scritto, qui e altrove.

Diviene pian piano sempre più chiaro come l’evento abbia significati che vanno oltre il fatto di una morte autoinflitta. L’evento non è soltanto un suicidio perché è stato commesso di fronte al parlamento, con l’esplicita intenzione di dare un segnale. In realtà, questo mi sembra l’unico senso che l’espressione ricorrente “tragedia greca” può veramente avere, al di là di una metafora un po’ appesantita dalla frequenza del suo uso (non solo in Italia: vedi anche il giornale Kathimerini, 8 aprile). Cioè un atto tragico commesso di fronte ad un pubblico, con l’intenzione precisa di far passare un messaggio: così non ce la faccio più.

Parlando poi di questo suicidio con diverse persone, ne vengo a scoprire nuove possibili interpretazioni. Gira ora la notizia che Christoulas non fosse in condizioni finanziarie estreme, almeno non più della media greca. E nel biglietto che gli è stato trovato addosso si legge infatti “prima che arrivi a cercare il cibo nella spazzatura”. Dimitris si sarebbe quindi tolto la vita per un forma di protesta politica, per costringere il parlamento, teatro del suo gesto, a tenere conto di una volontà estrema. Infine, a sostegno di questa ipotesi, si racconta anche che Christoulas aveva anche posizioni politiche molto dure (da sinistra) riguardo agli ultimi governi.

Ora, il punto è che in effetti pare i suicidi siano molti di più, e più silenziosi di questo. Mi dicono inoltre che i suicidi sarebbero silenziati, cioè che la classe politica farebbe pressioni sui media per evitare che si parli troppo di questi fatti perché avrebbe paura di un movimento di proteste di massa. E per questo motivo la stampa riporterebbe più spesso e volentieri allarmi sull’immigrazione clandestina, e sui danni che questa farebbe al paese. Non posso verificare se e fino a che punto questo argomento sia effetti falso, come diverse persone hanno sostenuto. Però è certo vero che il suicidio di Christoulas avrebbe invece cambiato le carte in tavola, costringendo la classe politica ad ammettere pubblicamente che il problema esiste.

E qui entrano in gioco le potenziali elezioni. Dico potenziali perché a oggi non si sa se e quando faranno celebrate: originariamente annunciate per l’ultimo fine settimane di aprile, sono state poi spostate al 6 maggio, poi al 13, e poi ho addirittura sentito che potrebbero essere tenute a settembre. Una nuova data dovrebbe essere annunciata nel corso della megali evdomada, la grande settimana (santa) che precede la domenica di Pasqua, cioè probabilmente tra lunedì e giovedì prossimo. Ma non c’è al momento nessuna certezza.

Il fatto è che la classe politica ha paura, e che la pressione sul sistema è continua e in aumento. Agli pubblici dibattiti (vedi ad esempio il mio post “Koinonikos Syndesmos”), tutti i politici si sentono di dover giustificare la loro azione, piuttosto che proporre soluzioni e vie d’uscita. Questo sembra davvero il problema, in prospettiva, più grosso, perché pare improbabile che si riesca a rinnovare radicalmente una classe politica, e ancora più improbabile che di una classe politica si possa fare a meno. E’ forse vero, come si è letto in rete, che il suicidio “politico” di Christoulas non cambierà nulla, e non sappiamo ancora se influenzerà effettivamente la data del voto. Il suo lato “tragico” lascia però la percezione di come i greci vivono il momento attuale.

Il testo della vignetta (http://2.bp.blogspot.com/-62k5Z7Rz1Ug/T3183Mc0ErI/AAAAAAAAJWY/C4HseLlmS8s/s1600/590_907f74ec2cc5b71155dd1f3917f0a7ae.jpg) pubblicata dal quotidiano Avgi il 5 aprile, nel giorno cioè immediatamente successivo al suicidio:
– non ce la faccio…
– come non ce la fai, vecchio?
– non ce la faccio a sentire ciò che direte di quello che sto facendo…

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