Continuano gli incontri con i professionisti del settore immobiliare, per un confronto sui temi di maggiore attualità, sulle problematiche che da troppo tempo ci portiamo dietro, e su qualche possibile soluzione.
Per questo ho incontrato Andrea Ciaramella, docente e ricercatore al Politecnico di Milano, Dipartimento Scienze e Tecnologie dell’ambiente Costruito (BEST).
Quali i temi caldi oggi, in Italia, in campo immobiliare?
Direi su tutti: da un lato la disponibilità del credito, dall’altra la scarsa propensione al “repricing”.
Approfondiamo il primo tema
Per quanto riguarda la disponibilità del credito, questo riguarda in primo luogo le famiglie, che costituiscono in termini di volumi il mercato immobiliare italiano. Ma anche gli investitori istituzionali, che oggi incontrano grosse difficoltà nel farsi sostenere non solo gli investimenti per operazioni di sviluppo (con rischio urbanistico e legato al processo edilizio) ma anche gli investimenti definiti “core”, tipicamente investimenti a reddito, con modesto rischio. In questi casi si tratta di investimenti immobiliari che hanno obiettivi di ritorno sull’investimento intorno al 6-6,5%; se il costo del capitale e tra il 7 e 8% il mercato si ferma.
Il “repricing” invece è davvero un tema molto sentito in questo periodo
Certamente, il mercato oggi potrebbe anche ripartire, ma con valori diversi. In mercati dinamici come quello inglese, in conseguenza della crisi i prezzi di vendita sono calati significativamente e questo ha attratto nuovamente i capitali e determinato un nuovo ciclo immobiliare. Da noi il mercato è fermo: chi compra non riconosce i prezzi come congrui, chi vende non è disposto a ridimensionare le proprie pretese. Domanda e offerta non si incontrano.
In questa fase economica, con le compravendite in calo e prezzi sostanzialmente stabili, quale importanza assume la corretta valutazione degli immobili?
È decisiva. Il mercato immobiliare è ciclico; questo significa che non è sempre destinato a crescere, ma che vede l’alternarsi periodi, che possono essere più o meno lunghi, di crescita (degli scambi e dei prezzi di vendita) e di contrazione. È bene ricordarsi che il valore di mercato di un bene è riferito alla data della valutazione, che ovviamente è riferita a un contesto preciso. Dunque non ci sarebbe da stupirsi se un immobile, correttamente valutato nel 2008, oggi esprimesse valori di mercato diversi: infatti sono differenti il mercato, il contesto economico, la disponibilità del credito, gli interessi delle parti. Mentre gli investitori professionali, come i fondi di investimento immobiliare, rivedono i valori degli immobili in portafoglio ogni 6 mesi e esprimono valori aggiornati, il privato non è disposto a rivedere, se non in misura marginale, il valore di mercato che ha in testa. In sostanza, mentre il mercato degli operatori istituzionali riconosce il ruolo e la figura del valutatore, il mercato privato no. È una questione di carattere culturale che con il tempo potrà solo migliorare.
E sempre parlando di investitori istituzionali, uno dei problemi in Italia è la mancanza di prodotti di qualità, di “classe A”
Realizzare edifici di qualità è un elemento determinante. Tra l’altro su questo è necessario riconoscere che alcuni operatori stanno perseguendo la strada della qualità, con un problema di fondo: manca la condivisione di standard riconosciuti per esprimere la qualità di un edificio. Le prestazioni energetiche sono importanti ma non sono le sole. Proprio per questo qui al Politecnico, Dipartimento BEST, abbiamo cercato di colmare, almeno in parte questa lacuna, realizzando un sistema che indica oltre 200 parametri in grado di esprimere la qualità e le prestazioni degli edifici terziari. Questo però non basta, per attrarre gli investimenti è necessario anche dare delle regole certe e delle prospettive che consentono agli investitori di realizzare business plan. Se consideriamo che nelle 20 regioni italiane sono diverse le regole urbanistiche e anche solo la certificazione energetica si basa su parametri differenti, si capisce quanto sia difficile attrarre investimenti dall’estero in campo immobiliare. L’eccesso di regole diventa l’assenza di regole. In Italia anche solo i criteri per la determinazione delle consistenze degli edifici portano a incertezze e aleatorietà di giudizio.
Cosa manca allora all’industria immobiliare italiana per essere considerata un mercato maturo in linea con le best practices internazionali?
Credo di poter dire che dal punto di vista professionale l’industria immobiliare italiana è all’altezza dei paesi più avanzati. Anche grazie alla formazione universitaria che oggi offre opportunità non solo agli studenti ma anche ai professionisti: il Politecnico e la Bocconi, anche grazie alle proprie business school (rispettivamente Mip e SDA) offrono opportunità di crescita a imprenditori e professionisti ormai da tempo nel settore immobiliare.
Quello che manca sono fattori che non dipendono solo dal comparto immobiliare o edilizio: la certezza delle regole; la disponibilità e trasparenza dei dati; la condivisione di sistemi per esprimere la qualità degli edifici.
In una sola parola: programmazione.