«A drop in the ocean». Il commento che mi ha appena fatto un vice president di Goldman Sachs alla notizia della creazione del firewall europeo da 500 miliardi di euro lascia un po’ interdetti. Non tanto per via dell’opinione in sé, cioè contrarian, quanto per quello che ha aggiunto dopo. «Se gli euroburocrati pensano di darcela a bere, hanno sbagliato tutto», spiega. Il riferimento è verso la situazione complessiva della zona euro. Altro che rete di protezione: per diversi banchieri internazionali, il firewall non è altro che una ridenominazione forzata di qualcosa che già c’era. Di fatto, quindi, non c’è nulla di cui essere soddisfatti.
Il ragionamento non fa una piega. Come sottolineato anche da Linkiesta e dalla stampa internazionale, i 500 miliardi di euro del firewall non sono altro che i soldi dello European stability mechanism (Esm), il fondo salva-Stati permanente che doveva entrare in vigore alla metà del 2013 e che è stato anticipato di un anno. Colpa della Grecia, la cui crisi si è acuita ben più velocemente delle previsioni, ma colpa soprattutto dell’inefficienza dei politici europei.
Ma perché il banchiere di Goldman Sachs parla di goccia nell’oceano? In primis perché, come si sta discutendo in questi giorni, sta fervendo la discussione intorno a un altro intervento sovranazionale a sostegno del sistema bancario. Fra non molto le banche dell’eurozona dovranno adottare i nuovi requisiti di capitale dettati da Basilea III, con la conseguente ricerca del mantenimento di un elevato livello di Core Tier 1. Nonostante le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Ltro) della Bce, secondo la banca statunitense sono necessari altri 200 miliardi di euro di ricapitalizzazione. Analoga la visione che mi ha dato il vice president di Goldman Sachs, che ha quantificato in circa 240 miliardi di euro la cifra necessaria per garantire un 2012 e un 2013 senza scossoni agli istituti di credito europei.
Ma non c’è solo il settore privato a destare preoccupazione. Sì, perché il tanto voluto e chiacchierato firewall doveva essere uno strumento per proteggere Italia e Spagna. Ciò significa che dovevano essere conferiti più fondi, rispetto ai 500 miliardi di euro dell’Esm. In pratica, si sarebbero dovute coprire le esigenze di rifinanziamento di Roma e Madrid fino alla fine del 2013, nel caso questi due Paesi perdessero l’accesso diretto sui mercati primari. Invece no.
Si è preferito un atteggiamento conservativo, per non dire miope. Così lo aveva infatti definito un banchiere britannico durante l’ultimo Forum Ambrosetti di Cernobbio. Con una recessione sempre più significativa e con l’austerity di Italia e Spagna, l’eurozona non era e non è nemmeno ora pronta a intervenire nel caso il contagio greco tornasse a lambire questi due Paesi. Per la serie: «Buona fortuna, euroburocrati».