Diario grecoL’aria di Atene

Ciò che si sente per le vie del centro di Atene è molto particolare. Una mistura di paura, sfinimento, sensualità, pericolo, abbandono, miseria, stasi e di nuovo turbinìo, che pare interminabile e ...

Ciò che si sente per le vie del centro di Atene è molto particolare. Una mistura di paura, sfinimento, sensualità, pericolo, abbandono, miseria, stasi e di nuovo turbinìo, che pare interminabile e senza scopo. Non si riesce a capire quale di questi aggettivi vinca sugli altri. Come se si aspettasse che accada qualcosa e renda l’una sensazione più reale delle altre. La primavera qui è terribilmente dolce: mai troppo caldo, come diventerà invece tra due mesi, per il centro c’è un odore costante che viene dagli aranci piantati per le le strade del centro. Ci sono poi zone, nel centro di Atene, punteggiate di bar, anche parecchio cool, pare quasi d’essere a Berlino, solo a sud. Certo non sono pieni, anzi piuttosto vuoti, e tanto più vuoti diventano quanto più uno si allontana dal centro; ma nelle vie più prossime ai punti nevralgici (syntagma, l’acropoli, omonia) c’è comunque gente, vestita decisamente (e diversamente, a seconda dei posti) bene: ad Exarchia, nella Kolonaki blasé, o intorno alla fermata di Keramikos, per dire alcuni dei luoghi più in. E poi Atene è un posto dove succedono un sacco di cose. Conferenze, concerti, cultura, letture, qualsiasi cosa, per tutti i gusti. Eppure tutto questo non è vero, nel senso che non si sente la Grecia dietro nulla di quanto detto sopra. Pare più ciò che resta di una delle anime di Atene, la città cosmopolita, europea, che parla un centinaio di lingue etc. Ma regge questo se non c’è un paese dietro?

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