BEIRUT, AEROPORTO RAFIQ HARIRI – Il volo per Roma è tra poche ore. Metto in ordine gli appunti e controllo che il bagaglio sia a posto. La settimana da giornalista embedded si conclude con l’attesa in un parcheggio poco illuminato e che puzza di latrina. È la sberla di effluvi mediorientali. Forte la differenza dall’aria asettica respirata alla base di Shama.
I militari italiani, intorno a me, fumano e fremono. Dopo sei mesi di missione nel Libano del Sud, non vedono l’ora di rientrare. È la Pinerolo che si dà il cambio con la brigata Ariete. Il passaggio di consegne si concluderà all’inizio del mese prossimo. Un contingente dopo l’altro, l’impegno italiano per Unifil continua. Positivamente direi, stando a quanto visto. La settimana è corsa veloce, tra le brulle colline libanesi e assistendo ai tanti successi ottenuti dai Caschi blu. I nostri soldati non hanno risolto i problemi di questo Paese. Hanno fatto solo i peacekeeper. Ovvero hanno cercato di costruire un progetto di pace. In sette giorni quel che ho visto sono stati militari stranieri soddisfatti e gente del posto felice. Siamo lontani dal poter parlare di benessere e tranquillità per il Libano. Tuttavia, strade asfaltate, scuole riaperte e fognature efficienti non possono che avere un riscontro positivo su questi villaggi. Il contingente italiano sa come far riscattare una società dalla propria arretratezza. Forse perché la stessa Italia, in passato, si è rimboccata le maniche per emanciparsi. I Caschi blu italiani puntano al miglioramento della qualità della vita. E questo è essenziale per evitare che un ragazzo, con ambizioni di studi e carriera, si trasformi in un miliziano armato contro chissà quale causa. Il peacekeeping italiano mira allo sviluppo e alla prevenzione.
Un ultimo appello prima di imbarcarsi. Mi chiedo cosa passi per la testa di questi ragazzi. Si sono accorti di aver sgrossato una pietruzza per il bene di un Paese intero? E che questa pietruzza, per quanto piccola possa apparire al Occidente miope, in Medioriente ha il valore di una chiave di volta?
Ragazzi semplici e dai volti puliti. Hanno trovato nelle Forze armate una soluzione professionale. Forse è questa l’eccellenza della Difesa italiana. Un tratto tutto nostro, che si sposa con tecnologia e management in versione 2.0. Se tutti i dirigenti delle aziende di Stato fossero come i nostri generali! Mimetiche assonnate. C’è ancora la forza per scambiare qualche ultima battuta. Poi ognuno si chiude in un silenzio di attesa. Si torna a casa. Il viaggio di rientro è fatto per ricordare questi sei mesi nel Libano del sud.
(to be continued)