Guardando la data dell’ultimo post mi sono resa conto che è passato più di un mese dall’ultima volta che ho scritto. Gli esperti dicono che il Blog va alimentato almeno una volta alla settimana. Eppure ogni mattina, entusiasta di questa nuova esperienza, mi svegliavo con la voglia di scrivere della mia bella Argentina “agrodolce”, e certamente durante quest’ultimo mese gli argomenti da riscattare non erano pochi. Possibile che io non abbia trovato, in più di trenta giorni, l’ispirazione per scrivere almeno un “post”? La risposta, seppur non mi scagioni dalle mie mancanze di neo blogger, è che nelle ultime settimane questo paese è stato un vero palcoscenico di farse incomprensibili che mi hanno letteralmente (e letterariamente) pietrificata, sconcertata, confusa.
Non voglio parlare delle solite cose, dell’insicurezza, dell’inflazione, del blocco delle importazioni di prodotti stranieri, medicine, libri…, dell’espropriazione di YPF, e del conseguente isolamento internazionale in cui sta sprofondando il paese. Sono convinta che la mia tanto amata Argentina non è solo confusa, ingannevole, incerta, contraddittoria, isolata…Non è solo “agro”, ma è anche molto dolce. Del resto, è proprio da questa convinzione che è nato questo Blog.
Così, un mese fa, avevo cominciato a scrivere un “dolce” post sulle librerie di Buenos Aires. Ce ne sono più di 400 nella sola Capital Federal e ne rappresentano la sua identità culturale. Le librerie portegne sono state per me una sorta di santuario, dove rifugiarmi non solo nei momenti difficili, ma anche e soprattutto in quelli più euforici.
Camminando per l’Avenida Santa Fé mi ero fermata alla libreria El Ateneo, a cercare il tanto polemizzato libro della giornalista Laura Di Marco che spiega l’accresciuto potere, all’interno del governo, della Campora, il gruppo politico fondato e integrato da Máximo Kirchner, figlio della “presidenta”. In questa magnifica libreria, ricavata dal restauro dello storico teatro Gran Splendid, costruito nel 1919, ci ero venuta la prima volta da turista. El Ateneo è infatti una delle maggiori attrazioni della città, e senza dubbio una delle più belle librerie al mondo. Qui avevo comprato il mio primo libro in castellano, i “Cuentos” di Cortazar, e, da studente, nella caffetteria ricavata sull’ex palcoscenico del teatro, avevo preparato la tesi del Master.
Negi anni, spostandomi come una nomade alla ricerca di un posto ideale dove lavorare, ho conosciuto diverse librerie della città: Eterna Cadencia (www.eternacadencia.com) e Crack Up (www.crackup.com.ar), entrambe nello sfizioso quartiere di Palermo Viejo, sono quelle in cui ho passato i migliori momenti in compagnia del mio computer, di un libro e di un caffè. Meno centrali, ma incredibilmente appaganti per questo genere di attività, sono il bookshop della Fundación Proa a La Boca, e quello di Villa Ocampo a San Isidro. Nel primo si trovano originali pubblicazioni artistiche, filosofiche e storiche altrimenti introvabili in città, e si gode di un’eccezionale vista sull’antico porto di Buenos Aires. Nel secondo, ubicato nell’incantevole antica residenza della scrittrice Victoria Ocampo, che dispone di una biblioteca di 11 mila testi, è possibile beneficiare di una buona lettura nella caffetteria immersa nel parco secolare che circonda la villa: un programma ideale per le tiepide giornate primaverili.
Non mi addentro nel circuito delle librerie antiquarie perché meriterebbe un post a parte, ma posso affermare con certezza che l’Argentina invita a leggere, e non solo per la sua offerta letteraria, per i suoi ritmi flemmatici, per il suo isolamento geografico, che fa sì che ogni lettura rappresenti un vero e proprio viaggio fuori dai suoi confini. Sarà per questo che gli argentini sono un popolo di lettori indefessi e di scrittori di successo.
Nel 2011 Buenos Aires si è aggiudicata il titolo di capitale mondiale del libro e questo merito internazionale se l’è guadagnato grazie alla passione dei suoi zelanti scrittori e lettori. Li vedi leggere assorti nel verde dei loro parchi, sui rumorosi “colectivos”, sui treni sempre in ritardo, nei bar affollati. I libri sono un alimento sostanzioso per la loro cultura, forse come lo è la carne per i loro fisici atletici.
Ieri a Buenos Aires, con 450 espositori e 1500 case editrici, si è inaugurata la trentottesima fiera internazionale del libro, questa volta intitolata “Un libro per il futuro” al fine di porre al centro dell’attenzione il futuro della vita culturale e dell’educazione del paese. Durante il discorso inaugurale è tornata alla ribalta l’assurda legge del governo che, un mese fa (proprio quando mi accingevo a scrivere sulle librerie portegne), proibiva l’importazione dei libri stranieri. Nonostante il dietro front del governo, che dopo soli due giorni ha revocato (seppur in parte) la misura, il tema è ancora scottante e ha messo a dura prova la pazienza dei ferventi lettori. Mi sono prefissata una lunga visita alla fiera durante il weekend. Sono convinta che in mezzo a tutti quei libri finalmente mi tornerà la voglia di scrivere sulla mia amata Argentina agrodolce…