Inizio questo blog a due settimane dall’attentato ad Alberto Musy, caro amico e polo d’attrazione di molte forze politiche piemontesi. Lascio ai quotidiani tenere il passo della cronaca e del suo stato di salute ancora precario, che affligge tutti noi e riservo questo spazio a una riflessione sul confronto tra la vision politica di Alberto e l’approccio “antipolitico” dei partiti, dove per politica si intende la cura della cosa pubblica finalizzata al bene collettivo.
Nonostante sia entrato seriamente in politica da solo un anno, Musy rappresenta il simbolo piemontese di quel Centro, alla ricerca di un nuovo approccio all’impegno civile: tecnico, ma con uno sguardo d’insieme, vocato al bene collettivo, mediatore senza scendere a patti con l’illegalità, ma sempre alla ricerca di un compromesso costruttivo. Liberale, con un curriculum sterminato, Musy è apprezzato come conciliatore, con in mente alcuni principi fondamentali che possono certamente scomodare o aver scomodato alcuni interessi privati, ma vanno nella direzione della crescita della coscienza sociale. La parte buona della politica, insomma e per questo negli ultimi mesi corteggiato da forze politiche opposte.
Come avrebbe reagito Alberto alle vicende della Lega? Forse sottolineando la differenza tra la buona “politica di servizio al paese” e la corsa a occupare un posto, che offra certi privilegi; promuovendo la richiesta di un garante per le certificazioni dei bilanci dei partiti e la ripresa di un tema a lui caro sull’inutilità del valore legale del titolo di studio, che non è garanzia della conoscenza. Insomma il Carroccio avrebbe potuto risparmiare i suoi soldi per le lauree di Renzo Bossi e Rosy Mauro, quel che conta è ciò che realmente si sa, come si lavora e un buon grado di intelligenza che non si certifica con un test.
Credo che sarebbe d’accordo con l’editoriale di De Bortoli del 5 aprile “Guardandosi allo specchio” in cui il direttore del Corriere pone l’accento sull’importanza di costruire una buona legge sui partiti, che chieda loro di restituire i finanziamenti non utilizzati (che sono 10 volte maggiori delle spese grazie a una legge troppo generosa) e sulla preoccupazione per la popolarità dell’antipolitica che –dico io- genera consensi da voyeuristi che attendono con una certa morbosità il prossimo passo falso dei politici, la prossima indagine scabrosa per screditare l’intero sistema.
10 Aprile 2012