Se persino Stefano Boeri del PD si inchina allo “stile” del Trota che si è dimesso da consigliere regionale (e da 12000 euro al mese) a differenza di altri politici regionali ben più chiacchierati e indagati (come ad esempio Filippo Penati), allora significa che anche il leghista più sciamannato può avere un soprassalto di nobiltà.
Nobiltà tutt’altro che spontanea, ma imposta con decisa durezza dal padre-padrone, troppo a lungo ingannato e turlupinato da una ineffabile corte di badanti e sicofanti. In ogni caso il giovane Bossi sembra aver bruciato alle spalle tutti i vascelli e a 24 anni essere già diventato un baby-pensionato della politica.
In realtà è stato insieme lo strumento e il parafulmine del cosiddetto “cerchio magico” ed è stato sempre candidato a tutto (da sindaco di Bologna a vicesindaco di Milano, a leader dei Giovani Padani a commissario del partito in province riottose) semplicemente per contrapporlo ad altri dirigenti leghisti di ben diverso spessore, ma sgraditi alla combriccola di Gemonio.
Di qui, inoltre, il via libera (se non l’incoraggiamento) ai suoi vizi, alle bravate e ai capricci da “giovin signore” : e al surplus di adulazione e di coinvolgimento che non poteva non dare alla testa. (Come è avvenuto molto spesso negli incontri riservati e nei negoziati ad alto livello con gli alleati politici e i vertici istituzionali). Il che ha finito per alimentare una robusta arroganza e allontanarlo completamente dai suoi coetanei, quei giovani leghisti che pure all’epoca lo avevano aiutato e sostenuto in campagna elettorale. Un piccolo esempio sconosciuto ai più : richiesto di un giudizio sull’arrivo del nuovo arcivescovo di Milano, Angelo Scola, disse che non c’era da preoccuparsi, perché a lui faceva riferimento ed era da lui politicamente controllato…
Di gaffes del Trota rigurgita il web: eppure alla fine suscita solo una malinconica compassione, visto che è stato solo il pessimo strumento di una lotta di potere. In particolare di chi riteneva che un grande partito come la Lega con la sua storia ormai non breve dovesse comunque rimanere un “affare di famiglia”.
Certo, è pur vero che “ogni scarrafone è bello a mamma soja” eppure lo stesso Umberto Bossi aveva più volte sostenuto che “in ogni famiglia non c’è più di un asino che possa far politica…”. E le dinastie sono proprio passate di moda. Ma a 24 anni, dopo un fallimento pubblico di queste proporzioni, che futuro può avere il povero Renzo? Se ci fosse ancora l’orgoglio romantico del duro riscatto, potrebbe provare ad arruolarsi nella Legione Straniera…