Il tallone d’Achille – Reportage di quattro italiani in GreciaQuella paura di scoprirsi greci

Monti continua ad agitare lo spauracchio della Grecia. E a voi, fa paura? E' normale temere qualcosa che non si conosce davvero. Anche questo è il motivo del nostro viaggio-reportage: capire e racc...

Monti continua ad agitare lo spauracchio della Grecia. E a voi, fa paura? E’ normale temere qualcosa che non si conosce davvero. Anche questo è il motivo del nostro viaggio-reportage: capire e raccontare come si vive in un paese europeo in una crisi profonda e prolungata.

Di certo la difficoltà a trovare lavoro è il problema più sentito. Mentre contattiamo persone disposte a parlarci o a ospitarci in Grecia, troviamo quasi esclusivamente disoccupati: un greco su cinque oggi non ha lavoro e le fasce della popolazione più colpite sono proprio quelle più deboli, in particolare i giovani, il cui tasso di disoccupazione ha ormai superato il 50%, e i giovani immigrati, che ormai non lavorano quasi più.

Jenny vive ad Atene e ha trentatré anni, e ci scrive che “qui la situazione è assurda, è impossibile trovare lavoro, potete pubblicare il mio curriculum sul vostro blog? Ogni mese tra i miei amici almeno uno o due perdono il lavoro e va avanti così da due anni. Io ero stata una delle prime. Lascia che te lo dica, non c’è speranza”. Come dice Kostantinos “una volta, se eri disoccupato, almeno potevi sperare di trovare lavoro. Ora non è più così. Non si possono più fare piani per il futuro… rimane solo l’insicurezza sul futuro. Non solo non sappiamo come faremo a campare domani, stiamo perdendo anche ciò che abbiamo.

Poi c’è Valia, che ha 25 anni e sta a casa dei genitori “visto che non c’è lavoro vorrei proseguire gli studi, solo che la situazione delle università continua a peggiorare: per questo ora sto seguendo un corso di inglese per poi andare a fare il master a Londra”. Quello dell’emigrazione giovanile è un tema assai sensibile: nei soli primi tre mesi del 2011, l’emigrazione dalla Grecia verso la Germania è cresciuta dell’86%, configurandosi come un vero e proprio esodo, raccontato, anche recentemente, proprio sull’Linkiesta

Queste storie non possono essere in alcun modo sottovalutate: in un lasso di tempo brevissimo, sembra che il dibattito sui giovani sia passato dal trauma del brain drain, per cui i paesi più deboli, tra cui l’Italia, non erano in grado di trattenere i propri talenti migliori, al dramma del brain waste, ossia della sistematica sottoccupazione di un’intera generazione di cittadini e lavoratori, del Paese futuro, della castrazione del proprio potenziale biologico, per dirla alla Galimberti.

Si tratta di una vera e propria generazione buttata, a cui mancano le aleatorie e un po’ mistiche definizioni sociologiche periodicamente assegnate agli sconosciuti orizzonti giovanili, ma che è costretta ad avere a che fare con il dato reale di una situazione sociale ed economica in evidente deterioramento, senza una via d’uscita a immediata disposizione e nella sensazione di non poter fare nulla per incidere davvero e strutturalmente sulla propria situazione.

Chi ha un lavoro nel settore privato non si sente certo al sicuro: la diminuzione delle condizioni lavorative è accompagnata da una drastica riduzione dei salari, intorno al 20 per cento. Il settore privato sta già provvedendo, mentre l’Europa spinge affinchè anche il pubblico si muova nella stessa direzione. Il problema è reso ancora più grave dal fatto che i prezzi, invece, non diminuiscono, provocando molti problemi.

Qualcuno, comunque, ha trovato la forza di reagire, trovando nuove scorciatoie per far girare l’economia, o forse semplicemente per riuscire ad andarsene a letto con la pancia piena, come ha fatto il “movimento delle patate”. Siete curiosi di sapere cosa si nasconde dietro questo strano nome? Ve lo spiegheremo nelle prossime ore, e incontreremo alcuni dei loro rappresentanti giovedì prossimo. Stay tuned.

(scritto da Nicolò e Guido)

Questo divertente video, sottotitolato in inglese, vuole mostrare quanto la disperata ricerca di un impiego abbia indotto i greci a perdere anche i diritti più basilari nel mondo del lavoro.

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