Scuola dei miei figli, è venerdì. A circa dieci minuti dall’apertura dei cancelli ai genitori, durante le comuni operazioni di riordino della classe, una bambina di quattro anni cade, e va a sbattere contro lo spigolo di una sedia. Cose che capitano quando ci sono di mezzo i bambini, anche se gli spigoli, in una scuola dell’infanzia non dovrebbero essere esposti così. Il mento della bambina si lacera e inizia a sanguinare. In quel momento, la maestra è responsabile di venti alunni dai 3 ai 5 anni, perché, ancora una volta, c’è una classe che è stata divisa per l’assenza di personale di ruolo, sovraccaricando l’insegnante in servizio. Nonostante ciò, la maestra si prodiga con sollecitudine e tampona la ferita con un tovagliolo. Non è presente la dirigente scolastica e neppure la sostituta, che ha terminato l’orario di lavoro. Esiste una circolare che prevede che, in casi di emergenza, se non è presente la maestra responsabile del pronto soccorso (che in quel momento non c’è) debba essere allertato prima di tutto il 118 e, immediatamente dopo, i genitori del bambino infortunato. Non viene fatta né l’una cosa né l’altra.
Si aprono i cancelli. Un’altra mamma, di fronte alla scena descritta, chiama al telefono la madre della piccola, che corre a prendere la figlia. Al Pronto Soccorso del vicino ospedale le applicano quattro punti di sutura. Ha aspettato più di dieci minuti e tutto il tempo del tragitto in ospedale sanguinando.
Ora, il nodo centrale è che la normativa delle scuole comunali prevede che, in assenza della maestra responsabile del Pronto soccorso, debba esserci una sostituta, innanzitutto, e in questa scuola non c’è. Ci sono i soliti problemi economici, legati alla situazione ministeriale e soprattutto comunale, della città di Napoli.
Una città in cui non si può seguire alla norma i regolamenti, perché i regolamenti non possono essere rispettati per l’assenza di adeguati fondi a copertura, perché i soldi sono pochi, le maestre sono sottopagate e precarie, e così il personale amministrativo, costretto spesso a svolgere tutto il lavoro senza alcun ausilio e a non poter usufruire delle ferie, perché sennò la scuola si ferma. A Napoli, insomma, non si opera nel rispetto dei regolamenti e delle leggi, ma secondo la norma del buon senso.
Insieme ad altre mamme passo tre ore all’interno della scuola a cercare di avere un colloquio con la dirigente scolastica per ragionare nell’ottica del buonsenso. Mi viene invece ricordato a più riprese che esiste un regolamento e che semplicemente (!!) qualcosa non ha funzionato. In pratica tutto: non c’era la maestra sostituta responsabile del pronto soccorso, non è stato chiamato il 118 e neppure i genitori della bambina.
Che senso ha un regolamento, se si opera senza fondi, tanto per cominciare? Bisognerebbe trovare soluzioni dettate, appunto, dal buon senso. Invece pare che a Napoli non valga neppure più la pena parlarne, trovare soluzioni comuni. Sembra che sia tutto pervaso da un solo concetto, in questa città, il “tanto non serve a niente”. E così non ci si preoccupa neppure di scomodare le tante professionalità presenti tra i genitori dei bambini iscritti alla scuola (avvocati, giudici, poliziotti, giornalisti, maestre, rappresentanti circoscrizionali, ecc.) per far sentire la propria voce presso gli organi competenti. E così la scuola è sporca, il giardino abbandonato e l’attività scolastica semi-paralizzata. Si fa affidamento al buon senso degli insegnanti persino nella didattica.
Dopo una mattinata interminabile in cui ci viene solo garantito che si provvederà a sentire tutte le maestre e a rinnovare loro le raccomandazioni del caso (cioè il nulla), usciamo da scuola più atterrite che mai. Cosa abbiamo risolto? Che adesso, quando andiamo a prendere i nostri figli, siamo costrette ad aspettare in strada, sul marciapiede, al di là del cancello di accesso alla struttura. Il motivo è che, essendoci tra le altre cose lamentate della sporcizia del giardino, adesso evitano che a sporcarlo siamo noi, impedendoci l’accesso se non per il solo transito. Il buon senso, appunto.