La prima riforma post-Berlusconi è quella del lavoro, ma nessuno conosce quali saranno gli effetti sull’economia e sull’occupazione del Paese. Non lo sa nemmeno il governo tecnico che tutto calcola, tranne le conseguenze di un provvedimento così importante, peraltro presentato in conferenza stampa come un disegno di legge da adottare “in una prospettiva di crescita”. L’articolo 18 in tutto questo sembra un dettaglio.
C’è o non c’è, chiedeva qualcuno ai professori, una stima su quali saranno i riflessi della riforma sul prodotto interno lordo e sulla disoccupazione da qui a cinque anni? Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, dopo mesi di tavoli e discussioni: “Non abbiamo fatto delle proiezioni perché questa riforma attiene molto ai cambiamenti nei comportamenti sia di lavoratori sia di imprese, datori di lavoro, e per tener conto di effetti ci vogliono delle ‘equazioni comportamentali’ che sono molto meno rigide di quelle a parametri fissi e che permettono di capire come la persona reagisce ad un certo stimolo o ad un certo disincentivo. Modelli di questo tipo ne abbiamo in Italia, però da un lato non c’è stato il tempo dall’altra parte…il Mef (ministero Economia e Finanze, ndr) per esempio ne ha uno molto buono e che noi intenderemo utilizzare. Nell’art.1 c’è un elemento secondo me molto importante di monitoraggio e valutazione del provvedimento, cioè noi intendiamo mettere in piedi un osservatorio-commissione all’interno del ministero del Lavoro, coadiuvato anche dal Mef, che avrà esattamente lo scopo di monitorare gli effetti di questa riforma, di vederli nei suoi aspetti positivi quantitativi, e eventualmente di proporre qualche aggiustamento in corso. D’altra parte la realizzazione della riforma non avviene tutta di un botto. Questa è una riforma che va monitorata”.
Elsa, quand’è la prossima seduta d’esame di Economia politica a Torino?