Ad Hanoi è arrivata l’estate, con le sue piogge improvvise, i caffè affollati, un’umidità che stanca e il relax dopo il tramonto lungo le rive dei numerosi laghi che danno respiro ad una città mai ferma.
Nelle grandi e luminose stanze in stile sovietico e in quelle meno formali di ristoranti e case private si discute sui motivi che stanno rallentando l’economia di un Paese con lo sguardo rivolto più al futuro che al presente. A meno di due ore di volo, a Bangkok, si discute invece su come la regione si stia trasformando e quanto sia importante favorire una ‘connectivity’–connettività–che non sia solo economica, ma fisica e strutturale. ‘Shaping the Region’s Future through Connectivity‘. Anche su fibra ottica e in rete? Sembra proprio di no. O meglio, se ne parla, ma in termini di sicurezza: come difendersi dagli hacker cattivi. E comunque è difficile e quasi impossibile pensare ad una regione, quella dei dieci paesi ASEAN (Associazione delle Nazioni del sudest asiatico), non interconnessa anche online. Ma forse andrebbero risolti prima alcuni problemi legati al controllo imposto dai governi sulla rete, prima di parlare pubblicamente di Internet, delle sue potenzialità e dei suoi fallimenti. A meno che i governi non si troveranno di fronte al fatto compiuto, ovvero di fronte ad una popolazione che supera barriere ed ostacoli per costruire una propria rete, favorendo e scegliendo quindi una propria connettività. Se obiettivi e successi si discutono in giacca e cravatta, sono crisi e problemi comuni a favorire uno scambio tra le popolazioni di una regione potenzialmente leader, ma ricca di contraddizioni e ostacoli da superare.
E così, mentre Lady Gaga trova le porte chiuse in Indonesia dopo la sua prima performance thailandese, ben altre porte si aprono. Sono quelle birmane che vedono uscire Aung San Suu Kyi per la prima volta dai confini del Paese dopo ben 24 anni. A sud di Bangkok migliaia di concittadini la abbracciano acclamandola a gran voce. E allora mi chiedo, se mai dovesse essere invitata, come la leader ed icona democratica verrebbe accolta in Indonesia, Filippine, Vietnam, Cambogia, Singapore, Brunei, Laos o Malaysia. Se i media thailandesi sottolineano a caratteri cubitali la presenza della Lady, la cui partecipazione ha spinto il suo presidente, Thein Sein, ad annullare la sua visita per evitare potenziali imbarazzi, quelli vietnamiti a malapena annunciano il viaggio del proprio primo ministro, Nguyen Tan Dung, a Bangkok.
Suu Kyi arriva nel centro economico e amministrativo thailandese nel giorno in cui una corte condanna ad un anno con sospensione della pena–ridotta poi a otto mesi—Chiranuch Premchaiporn, (‘Jiew‘) la nota web-editor del sito di informazione ‘prachatai.com’. Già arrestata più volte in passato, Jiew si è resa ‘colpevole’ di non aver rimosso dieci commenti critici, tra l’altro allusivi e non espliciti, nei confronti della famiglia reale thailandese. Che nell’ex regno del Siam viga ancora una legge sulla lesa maestà non è una novità. Ma che si rischi fino a venti anni di carcere ed esista una legge, la 2007 Computer Crimes Act, utilizzata per impedire alla popolazione di conoscere, scambiare libere opinioni e quindi interconnettersi, la dice lunga, ahimè, sugli obiettivi che il ‘Club dei Dieci’ si prefigge di raggiungere.