Domani nasce Mia, lei ancora non lo sa ma è così.
Mentre se ne sta tranquilla a mollo, inconsapevole che la sua vita senza boccaglio incorporato sta per cominciare, la sua mamma, la mia adorata collega Anna, si strugge di angoscia in attesa del cesareo prenotato per domani mattina.
Anna ha già un bambino di quattro anni, Mattia.
Ieri mentre ero in redazione è arrivato un suo messaggio che riassumeva in poche semplici frasi tutte le tipiche paure pre parto. Questo messaggio merita di essere riportato nelle sue parti salienti.
Muoio di paura,
ho paura del dolore fisico,
di rimanere segregata per sei giorni,
che la bimba abbia due teste,
che Mattia soffra perché verrà sballonzolato a destra e a sinistra,
che mia suocera approfitti della situazione per portarmi via Mattia,
ho difficoltà a respirare,
non riesco più a dormire…
Anna, ti sono vicina, davvero. Sono sicura che tutte le mamme hanno sorriso mentre leggevano e bada bene, non hanno riso di te ma con te, perché anche loro, ci scommetto hanno provato, le stesse cose. E anche se mentre scrivo mi viene da ridere pensando a te che dopo 1000 ecografie in 3D hai ancora paura che salti fuori un arto in più, ti capisco veramente. Nascere è una cosa seria, non a caso si fa in ospedale.
Se ripenso a quando sono nati i miei bambini mi viene ancora la pelle d’oca per l’emozione: l’ostetrica che fa il tifo, il rumore del battito sul monitor, i tubicini dappertutto, il male, la voglia di spingere, le contrazioni che non finiscono mai e poi la voce della dottoressa che ti entra in testa come un pugno: “Dai, dai, dai che nasce, l’ultima spinta!.”
Lì, in quel momento, realizzi che sta per succedere davvero, che stai per conoscere tuo figlio, che è arrivato quel momento che hai sempre immaginato ma mai creduto possibile.
E nasce e sei una mamma e te ne accorgi perché nonostante le lacrime, il sudore, il sangue, la stanchezza e quello che hai appena fatto cominci a contare i secondi senza respirare. 1,2,3,4…i secondi più lunghi di tutta la vita, pesanti come pietre, in sala parto non parla nessuno anche se tutti fanno qualcosa e poi succede: piange, è vivo, e ricominci a respirare e da ora in poi e per sempre non è più lui a dipendere dal tuo respiro ma tu dal suo.
Mi fa una tenerezza infinita pensare che ormai è quasi un anno che la piccola Mia viene in ufficio con noi. Mentre la sua mamma la nutriva a fragole e Dixi è venuta in riunione, in pausa pranzo, sempre lì, silenziosa, piccola…Anna ti voglio bene!
Mia, domani è un grande giorno, è il giorno del tuo compleanno!