Ormai ha tutta l’aria di una guerra fredda: paesi del Golfo contro Iran. Dopo il riaccendersi della tensione tra Emirati e Iran per l’isola di Abu Musa, contesa tra i due Paesi dagli anni Settanta, ora la questione riguarda il Bahrain.
Durante l’ultima riunione del Gulf Cooperation Council (il Consiglio di cooperazione del Golfo) che si é chiuso ieri a Riad, é stato proposto di annettere il Bahrain all’Arabia Saudita. A Manama lo scontro tra governo sunnita e maggioranza sciita del Paese prosegue (nonostante nessuno, almeno in Occidente, ne parli più). La possibilità di un’annessione alla potenza saudita significa quindi una sola cosa: repressione definitiva delle richieste di democrazia e parità di cittadinanza della popolazione sciita.
La notizia, qui, é finita sulle prime pagine di tutti i quotidiani, con la conseguenza più ovvia. Il Parlamento iraniano ha detto no, attraverso le parole del suo presidente, Ali Larijani: vista la maggioranza sciita del Bahrain, se il Paese deve annettersi a qualche altro stato, quello sarà l’Iran.
Ora non é facile immaginare come si evolverà la situazione, ma i fatti di questi giorni lasciano stupefatti: perché scegliere la linea dura e rischiare quindi di indebolire ancor più il tessuto sociale non solo del Barhain, ma di tutta la Penisola arabica?
Destabilizzare la zona non conviene a nessuno, ma é evidente che i Paesi del Golfo hanno deciso di correre il rischio. Sono prove di forza? Oppure, come ormai dicono in molti, l’Iran fa la voce grossa perché é sempre più debole e l’Arabia Saudita ne sta semplicemente approfittando per allargare ancora di piú il suo potere?
Un dato é certo: le petrol monarchie del Golfo sono ormai allineate in una politica che sta tagliando completamente fuori l’Iran. E questo, tra Paesi che hanno relazioni millenarie, non era mai accaduto.