■ Chi è Beppe Severgnini?
E siamo arrivati alla decima intervista per la nostra serie Intervistato Journalism Festival, direttamente dal Festival del giornalismo di Perugia. Questa volta l’intervistato è Beppe Severgnini, noto giornalista e scrittore italiano.
Per primissima cosa abbiamo domandato come vengano percepiti i media italiani all’estero. Sebbene la limitazione linguistica non permetta di sfondare oltre i confini italiano, limitando di fatto il mercato, l’autorevolezza di certi quotidiani è comunque riconosciuta, come ad esempio nel caso del quotidiano Corriere della Sera.
Uno dei principali temi all’ordine del giorno è quello dei modelli di business applicabili ai giornali. Abbiamo quindi chiesto se, ad esempio, quelli utilizzati ora negli USA potrebbero funzionare anche in Italia. Severgnini ci ha risposto che “prima c’è da capire se negli Stati Uniti funzioneranno”, ma prima ancora “il vero problema del nostro mestiere è farci pagare il lavoro in rete”. Un problema che, come sottolinea, è industriale, e che proprio qui al Festival del Giornalismo, in un modo o nell’altro è stato affrontato in molti dei panel.
Il vecchio modello, come ricorda Severgnini, è ormai in grandissima crisi, e inoltre anche quelli alternativi sperimentati fino ad ora non hanno dato quelle certezze tali da poterli assumere a standard.
Se per i contenuti di nicchia per un pubblico specialistico sarà più facile trovare un modello, qualcosa si sta già facendo, per un pubblico generico invece sarà un problema. Qui la risposta ancora deve arrivare, ma “verosimilmente passerà dalla pubblicità e dagli strumenti su cui quei contenuti verranno posti”
Ancora, ricorda Severgnini, ormai è troppo tardi per convincere la gente a pagare per accedere ai contenuti sul sito di un quotidiano online, invece paga e pagherà volentieri ad esempio per avere i contenuti dello stesso quotidiano su iPhone o iPad.
Molte statistiche ormai hanno accertato il calo delle vendite della stampa tradizionale. Severgnini individua una delle cause anche nella disabitudine delle nuove generazioni alla carta e molto più a loro agio nel fruire contenuti e informazioni sui nuovi media digitali.
Abbiamo inoltre parlato di fruizione dei contenuti e di canali su cui essi sono veicolati. Lo stesso Severgnini ci svela che spesso lui non si ricorda nemmeno in che modalità ha fruito dei contenuti di un giornale, se su carta, oppure su tablet, sul sito oppure se tramite link via twitter, e dice che “forse non è nemmeno così importante”.
Poi propone ad Arianna un titolo per il festival dell’anno prossimo: “Il giornalismo online è morto“. Il perché lo spiega subito dopo, descrivendo il giornalismo come l’acqua che scende lungo un torrente, un rigagnolo, per poi trovare le sue vie, i suoi canali.
Invito tutti a visionare l’intervista, molto ricca di spunti e riflessioni. Buona visione!