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■ Chi è Burt Herman? La sesta intervista per la serie Intervistato Journalism Festival è con Burt Herman, giornalista americano noto per essere il fondatore di Storify e Hacks&Hackers. In primo lu...

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■ Chi è Burt Herman?

La sesta intervista per la serie Intervistato Journalism Festival è con Burt Herman, giornalista americano noto per essere il fondatore di Storify e Hacks&Hackers.

In primo luogo abbiamo chiesto a Burt come ha iniziato la sua carriera di giornalista. Il percorso è cominciato abbastanza presto, lavorando al giornale del liceo, interessandosi specialmente di fotografia analogica e degli aspetti più tecnici del mestiere. In seguito ha lavorato per il giornale del college di Stanford, e quindi ha ottenuto un impiego presso l’Associated Press, dove ha lavorato per 12 anni viaggiando in tutto il mondo.

Burt differenzia il giornalismo dal reporting, perché a suo avviso chiunque può essere un reporter, ma non tutti possono essere giornalisti. Il giornalista dà contesto, analizza eventi passati e presenti, indaga su differenze e analogie, guarda i fatti con occhio critico: naturalmente non è necessario lavorare per un’agenzia di stampa per poterlo fare, ma secondo Burt questa funzione è molto più importante e difficile che scattare una foto e pubblicarla su Twitter.

Abbiamo chiesto se ci saranno future implementazioni per Storify, che potrebbero essere già anticipate: sembrerebbe che l’obiettivo principale è quello di trasformare il pubblico in curatori, e far sì che le persone che leggono, commentano, mettono insieme contenuti che a loro piacciono, possano farlo in maniera molto semplice, senza dover passare per l’intero percorso di creazione di una storia.

Burt ci ha raccontato qualcosa sulle origini di Hacks and Hackers, progetto nato durante il soggiorno a Stanford con l’obiettivo di mettere in contatto tra loro le persone che si occupano di tecnologia e i giornalisti, le media company e le agenzie tecnologiche. Secondo Burt il confine tra le due tipologie è talmente sottile che ormai non sono più distinguibili: qualsiasi media company ha bisogno della tecnologia per poter andare online e pubblicare i propri contenuti, quindi le media company stanno diventando un po’ aziende tecnologiche e viceversa.

Infine abbiamo chiesto a Burt quale sia la sua dieta mediatica: non legge giornali cartacei, ma riceve molte newsletter e legge alcuni feed RSS attraverso l’applicazione Pulse per iPad. Non utilizza Twitter come fonte di informazione, ma predilige alcuni servizi che aggregano i contenuti più interessanti della giornata e li propongono in ordine di rilevanza. Secondo lui infatti questo ruolo di curation diventerà sempre più importante man mano che la quantità di contenuti aumenta, e che permetterà di distinguere le cose importanti da quelle meno importanti, e controllare il continuo flusso di informazioni che rischia di sommergere senza dare la possibilità di poter mai “finire” di leggere.

Invito tutti a visionare l’intervista, molto ricca di spunti e riflessioni. Buona visione!

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