Lezioni di TangoCalcio violento: gli ultras argentini attaccano le proprie squadre

La settimana scorsa qualcuno ha tagliato le gomme della macchina al presidente del River Plate, Daniel Passarella, e poi lo ha minacciato senza andare tanto per il sottile: «O la promozione in A, o...

La settimana scorsa qualcuno ha tagliato le gomme della macchina al presidente del River Plate, Daniel Passarella, e poi lo ha minacciato senza andare tanto per il sottile: «O la promozione in A, o la muerte». Appena la notizia si è diffusa, Passarella è subito intervenuto per smentire: «Non so chi metta in giro queste voci, sono tutte bugie».

Eppure, un importante giornalista calcistico argentino afferma il contrario. Secondo lui, Passarella è stato messo con le spalle al muro dalla barra brava (gli ultrà, in slang argentino) ed ora prova a mantenere un segreto di Pulcinella perchè teme rappresaglie.

La vicenda dovrebbe bastare da sola a dare una fotografia del calcio locale di questi ultimi 10 giorni: gli ultras di alcune delle maggiori squadre, noti per gestire traffici leciti e illeciti da milioni di pesos, sono improvvisamente insorti, ricorrendo ai metodi più briganteschi del loro repertorio. Il fatto curioso, poi, è che la maggior parte delle azioni violente sono andate contro le stesse squadre o contro i tifosi con cui dividono gli spalti.

Ieri pomeriggio, l’ala colombiana del Racing di Avellaneda, Gio Moreno, viaggiava in auto assieme al compagno di squadra Federico Santander, quando sono stati avvicinati da due persone che, impugnando una pistola, li hanno obbligati a fermarsi. Il motivo non era rapinarli, ma incitarli a fare meglio in campo. Con l’arma puntata al ginocchio, Moreno si è sentito dire che avrebbe chiuso la carriera anzitempo, se a partire dal prossimo incontro la squadra non avesse vinto.

Una situazione simile si respira anche dall’altro lato della piazza della stessa Avellaneda, dove ha sede la nemesi del Racing: l’Independiente. Il presidente del club, Javier Cantero, ha deciso di porre fine ai traffici milionari della barra (come per esempio la gestione dei posteggi fuori dallo stadio, il bagarinaggio dei biglietti di ingresso, ma anche il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione), denunciandoli pubblicamente, isolandoli e puntando ad allontanarli dallo stadio.

Per ora, il suo risultato è stato che la maggior parte dei tifosi gli ha manifestato appoggio, mentre il nucleo dei violenti è entrato in “sciopero”, evitando di andare alle partite e vittimizzandosi sul piano pubblico.

Secondo Pablo “Bebote” Alvarez, capo ultrà del Rojo di Avellaneda, il punto sarebbe che alla barra sono state sequestrate le bandiere e dietro la disputa ci sarebbe solo un fatto di orgoglio ed onore. I loro traffici, però, sono sotto gli occhi di tutti e per porgli fine basterebbe l’intervento della legge. Tuttavia, nella sua battaglia Cantero resta ancora solo: ad una settimana di distanza dall’inizio del suo braccio di ferro con i violenti, nè il potere giudiziario, nè quello esecutivo hanno ancora mosso un dito, nè hanno manifestato l’intenzione di volerlo fare.

Lui stesso, che riconosce di avere paura, ma esclude di darsi per vinto, si è anche lamentato con il nuovo presidente del Boca, Javier Angelici, dicendo che in pubblico appoggia la sua lotta contro gli ultras, ma in privato gli ha confessato di considerarla una battaglia persa. «Io affronto la barra, mentre al Boca si chiedono autografi ai capi ultrà», ha detto Cantero.

Pablo Alabarces, uno dei principali studiosi del fenomeno delle tifoserie violente in Argentina, che da quando esiste il campionato locale hanno causato piu 200 morti, con una media di 3,5 all’anno (e che la settimana scorsa ne hanno aggiunto un altro, durante i tafferugli tra due squadre di serie B), ha sintetizzato il ruolo di queste figure dicendo che «voltano le spalle al campo e guardano in faccia la tribuna».

La barra trascorre i novanta minuti di gioco in piedi sulla transenna, governando i canti e l’agire della sua curva di seguaci: hanno un ruolo pubblico difronte ai tifosi che li seguono, a cui la squadra che gioca alle loro spalle è subordinato.

Il loro potere, però, è smisurato: la prova sta nel fatto che lo Stato sta facendo orecchie da mercante alle denunce di Cantero…

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