Caro Giovanni ti scrivo, così mi distraggo un po’.
Sembra strano come, parafrasando una nota canzone di un cantautore come Lucio Dalla, io trovi il coraggio di indirizzarti queste poche righe.
Senza alcuna presunzione mi rivolgo a te, caro Giovanni, perché oggi l’Italia ricorda quel triste giorno in cui un pezzo dello Stato ti voltò le spalle, lasciando spazio alla Mafia, pronta a colpirti, a metterti a tacere per sempre. A te, a tua moglie e agli agenti della tua scorta che sembrano essere sempre dei poveri reietti, quasi mai degni di essere ricordati in queste celebrazioni.
Nel mio piccolo, ti voglio chiedere scusa. Scusa per come sono andate le cose; scusa per i calci (simbolici) in faccia che hai preso da persone che osteggiavano il tuo lavoro; scusa perché in molti non ti hanno capito (o non ti hanno voluto capire), scusami per le affermazioni di alcuni politici (Leoluca Orlando in testa) che ti accusavano di coprire i mandanti dei crimini sui quali indagavi; scusami per le tante, troppe persone che ogni anno profanano l’autostrada di Capaci pur essendo complici dell’attentato di cui sei rimasto vittima.
Scusami per l’omertà; per il silenzio; per le frasi non dette; per le malelingue che ti parlavano alle spalle; per l’amarezza che avrai provato nell’andare a Roma per sfuggire agli attacchi che ti venivano rivolti nella tua Palermo e scusami perché, a distanza di vent’anni, lo Stato ha cambiato tutto per non cambiare assolutamente niente.
La nostra classe politica, dicendo di agire nel tuo nome, fa ciò che – per quel poco che ti conosco, attraverso filmati e tuoi scritti – non ti saresti neanche immaginato di fare. So che queste scuse magari le vorresti sentir pronunciare da tutte le persone che hanno sputato sul tuo lavoro per anni ma io, da cittadino italiano, credo che a distanza di due decenni, meriti di sentire queste parole, meriti di sapere che – a dispetto di tanti che prima ti facevano ostruzionismo e adesso ti osannano – una parte d’Italia è fiera di averti avuto come combattente, pronto a difendere la Costituzione e la certezza del diritto. So che magari ti sembrerà banale, dirlo in questa giornata ma è ciò che provo realmente.
Non ti considero un eroe, perché credo sia triste un paese che abbia bisogno di queste figure, ma ti annovero più come un esempio da seguire. E’ chiaro che, volendo fare il giornalista, queste magari le prenderai solo come parole (con le quali noi giochiamo molto) ma ciò che ti posso promettere è che non smetterò mai di sognare e di combattere per un paese diverso. Per te, e per tutte le persone che hanno combattuto prima di me, affinché questo potesse avverarsi.
Se non altro per non vedere calare definitivamente il sipario su questa democrazia, con i politici di sempre (più simili ai maiali descritti da George Orwell), seduti in prima fila ad applaudire entusiasti.
Con sincera stima, Matteo Marini
p.s. : scusa se non c’è il francobollo ma in tempi di crisi, hanno tassato anche quello. Spero che ti arrivi lo stesso.