Si fa un gran parlare di unione politica europea, ma a cosa serva non è ben chiaro.
Finora è stato dimostrato che le autorità europee non sono state in grado di affrontare la crisi, sia di prevenirne la formazione, che nell’uscirne rapidamente.
Con questo track record di fallimenti, la risposta non è lasciar perdere, come sarebbe intuitivo, ma raddoppiare la posta in gioco e insistere ulteriormente su questi piani velleitari.
I motivi sono molti.
L’Europa è ormai diventato un concetto religioso, che regna al di fuori del normale dibattito razionale e che raramente è preso seriamente in considerazione per un’analisi accorta.
Molti politici e opinionisti di paesi corrotti e incompetenti sperano che l’Europa li salvi dalle conseguenze della loro corruzione e incompetenza, chiedendo eurobond per potersi finanziare gratis, o fondi salvastati per avere perlomeno uno sconto sul debito, e poi inflazione a gogò per svalutare i loro debiti e fregare i loro creditori.
Probabilmente molti vedono l’Europa come l’ultima speranza per il fallimentare, in quanto anti-economico, ‘modello sociale europeo’. Dato che i singoli paesi non riescono più a farsi carico dei costi, delle inefficienze e delle ruberie delle loro politiche, allora sperano che l’Europa sia sufficientemente grande da poter assorbire tutti i costi e i debiti contratti per comprare il voto degli elettori dei paesi membri.
Su Libertiamo faccio alcune considerazioni di politica economica sulle proposte più note: eurobond, ESM, monetizzazione del debito. Ci sono molti altri temi che non ho trattato: la politica monetaria ‘differenziata’, la politica fiscale comune, i trasferimenti fiscali redistributivi da stati.
Le ultime due proposte mi fanno ribrezzo, mentre la prima non credo abbia giustificazione, ma almeno ha senso. Ci penserò un po’ meglio in futuro.
Pietro Monsurrò