Culture, religioni, popoli, razze, etnie, lingue, gambe, pelli, capelli, labbra: nel mio cammino verso Regent’s Park osservo e vedo di tutto. Il sole ha dato luce alle diversità. Quelle di cui il mondo ha paura. Una globalizzazione umana. In un tacito e controverso accordo, popoli di tutto il mondo condividono luoghi, esperienze, frammenti di vita. Oggi a Regent’s Park, nessuno parla inglese, piuttosto arabo, indiano, francese, spagnolo, portoghese, italiano. Gli indiani giocano a cricket, gli europei a calcio, gli arabi stanno in disparte segnando una macchia nera (di abiti) nel parco verde delle diversità. Ognuno ha un suo angolo, creando inconsapevolmente una mappa del mondo in miniatura. Regent’s Park oggi è il mondo. Sotto il sole caldo e inaspettato davanti al quale ognuno reagisce a modo suo, fedele al suo credo. Osservo. La luce cambia il temperamento delle persone.
Sono arrivata in bicicletta, senza passare dalle strade trafficate, calde e sovraffollate, bensì pedalando tra i canali. Un’altra Londra a livello dell’acqua, sconosciuta e provvida. Il mio cammino segnato da salici e barche colorate, anatre, cigni e costruzioni trasparenti che si affacciano sull’acqua. E’ un altro modo, un’altra via che infonde pace. Passando per Camden sono stordita dalla confusione, ma ne sono attratta. C’è musica, profumi inebrianti di cibi esotici, mercatini che vendono di tutto un po’, persone che ballano, altre che bevono e qualcuno che fuma lasciando scie inconfondibili di pace e amore.
Abbandono gli anni ’70, per rientrare nel mio percorso, pedalando sotto i salici piangenti per raggiungere il parco. La luce ha un doppio effetto: le cose appaiono per quello che sono, più brutte o più belle. In una città come Londra, sempre grigia, si direbbe che il sole accentui lo squallore dei palazzi grigi mal tenuti e di una città frenetica. Invece risplendono i palazzi vittoriani, di mattoni rossi incorniciati da finestre bianche, i parchi verdi ed i grattacieli che con le loro vetrate riflettono luce su quelle zone più suburbane, dove il ferro nero e pesante, diventa bello e necessario.
La mia giornata, fatta come sempre di mille stati d’animo diversi così difficili da gestire e controllare, sopportare, finalmente trova un po’ di pace. Riesco a non pensare a niente, ma a godere del posto, del momento. Basta un parco verde, gente di tutto il mondo, il mio succo di mela, qualche sigaretta ed una crema protettiva. Per stare in mutande come tutti a prendere il sole e sentirsi…diversa. Diversa a Regent’s Park e finalmente vuota. In pace.