Il fallimento della Seconda Repubblica è più complesso di quanto crediamo. Non è il fallimento di questo o quel partito politico come tenta di farci credere Bersani all’indomani delle elezioni amministrative; stavolta è toccato al centrodestra, la prossima volta sarà il Pd a essere annientato. E’ il fallimento di una intera generazione, di una classe dirigente – politica, ma non solo – inconsistente e inadeguata a guidare il Paese nel confronto che non sarà altro che globale.
Certo è il fallimento di partiti politici, come la Lega e il Pdl. Gli italiani hanno tirato una linea netta sulle inutili ampolle padane, sul dio Po, sulle escort di palazzo, su personaggi improbabili come Scilipoti e Calearo, sulle trote analfabete, sui gattopardi della prima e della seconda repubblica, sui Lusi e i Belsito e, soprattutto, sullo scempio che viene quotidianamente fatto dei loro soldi. Ma è pure il fallimento di quanti, nell’impresa, nel sindacato, nelle professioni, nelle migliaia di posizioni di potere pubblico e privato continuano a mantenere la barra sulla conservazione delle rispettive rendite di posizione. Se fosse solo un problema di classe politica l’Italia – settima economia mondiale – non sarebbe al 43° posto per grado di competitività secondo il WEF (World Economic Forum).
Oggi siamo circondati da macerie fatte di partiti vecchi, corrotti e incapaci di rinnovarsi, recessione economica, uno stato pesantissimo e inefficiente, una tassazione insopportabile. Urgono scelte per la crescita, perché i problemi di bilancio non si affrontano con maggiori tasse, come hanno fatti i governi di destra e di sinistra della Seconda Repubblica, ma col taglio drastico della spesa pubblica improduttiva, con l’innovazione (estensione delle banda larga e riduzione della burocrazia su tutti) e con l’apertura dei mercati.
Mentre una classe dirigente autoreferenziale si ostina a indicare ricette nonostante per vent’anni si sia lambiccata sul nulla, l’interesse del paese è rappresentato oggi – come afferma autorevolmente Luca Ricolfi – più dalle innumerevoli persone che tentano disperatamente di resistere sul mercato, senza arrivare al ritirarsene, che non da un governo che preferisce l’ennesimo aumento della pressione fiscale piuttosto che toccare il totem della spesa pubblica.
Nessuno degli attori attualmente sulla scena è realmente in grado di avviare quel cambiamento di mentalità di cui abbiamo bisogno come l’aria. Il rischio reale è che le tensioni accumulate ed espresse in modo molto parziale con il recente voto amministrativo, ci portino in breve all’ingovernabilità della Grecia. La tragedia sarebbe ben più ampia dei nostri semplici destini. Perché, come ha sottolineato a gennaio il commentatore della Cnn Fareed Zakaria, quello che quest’anno succede in Italia avrà riflessi sull’intera eurozona e, di conseguenza su tutti i mercati mondiali.
Signor Rossi