E’ innegabile: agli italiani piace il cosiddetto partito leggero. Meglio se viene chiamato Movimento. Questa e’ la preziosa chiave per scalare, in brevissimo tempo, le percentuali del consenso e marciare veloci verso posizioni chiave nella politica del paese. Solo negli ultimi vent’anni è accaduto due volte: nel 1994 con “la scesa in campo” di Berlusconi, con la regia comunicativa affidata all’agenzia Publitalia’80, e nel 2012 con Beppe Grillo e i suoi 5 stelle, con la regia comunicativa affidata alla Casaleggio Associati.
Il meccanismo per fare breccia nelle preferenze degli italiani è molto simile: l’idea del partito leggero, la figura carismatica del leader e – elemento principale – una grande comunicazione di massa. Nel ’94 la tv, oggi internet. Su come Berlusconi ha utilizzato i potenti strumenti della comunicazione ne hanno scritto tre suoi collaboratori nel libro auto-promozionale “Come Berlusconi ha cambiato le campagne elettorali in Italia”. Un libro, ovviamente di parte, che racconta le “imprese” dei generali che hanno lavorato in questi anni per Berlusconi: i pubblicitari.
20 anni dopo non è molto distante Beppe Grillo. Il MoVimento 5 stelle è disegnato sulle sensazioni del potenziale elettore, non su principi politici. Lavorare sull’istinto dell’elettore è, forse, l’unico grimaldello per entrare oggi in quello che resta dello scenario politico italiano. Poco importa come poi politicamente è strutturato il movimento. Agli italiani evidentemente piace il partito leggero in cui ci si può facilmente avvicinare più sulla spinta delle proprie esigenze che su un preciso disegno futuro del paese.
Gli slogan che vanno dal “Pdmenoelle” al “Rigor Montis” vanno dritti al bisogno degli italiani di inviduare, attraverso il partito leggero, un nemico colpevole di ogni male. Ieri erano le “toghe rosse”. Oggi sono la “casta” e i “mass-media”.