Versi impressiIl problema di girarsi

    Dichiaro concluso il campionato mondiale di Pallastrada col risultato che solo noi sappiamo. Così parlò Il Grande Bastardo, mitico protettore degli orfani nel romanzo di Stefano Benni La Compag...

Dichiaro concluso il campionato mondiale di Pallastrada col risultato che solo noi sappiamo. Così parlò Il Grande Bastardo, mitico protettore degli orfani nel romanzo di Stefano Benni La Compagnia dei Celestini. Che il nostro calcio fosse prosa e non poesia ce l’aveva detto già Trapattoni, e in fondo eravamo ancora tutti lì a contare gli scudetti della Vecchia Signora, ricalcolo che da solo sconfessa, come ci fa notare Michele Serra, le istituzioni del calcio dalle fondamenta. Ecco allora che si avvicinano gli Europei con il loro bastimento carico di retorica azzurra in salsa polacco/ucraina, e contemporaneamente squillano le sirene della polizia nel sancta sanctorum della Nazionale a Coverciano: arresti di qua, combine di là, intercettazioni e perquisizioni e grandi nomi tirati in ballo. Non bastasse, “sfigatelli” entra ufficialmente nel lessico della Serie A e in vacanza di Schettino ci pensa il Calcioscommesse a ricordarci di che pasta siamo fatti.

Quel che si percepisce, da fuori, è che il calcio è ogni giorno più marcio, sempre meno “giuoco” e sempre più camarilla da pedatori viziati, faccendieri italo/tzigani, ultràs esagitati ci-siamo-ma-non-ci-tesseriamo, fetenti eccellenti e turisti della videocrazia. E allora può far bene rileggersi questo Umberto Saba calciofilo, goffo e d’antan fin dal titolo: quel “goal” e quello slancio enfatico che sembrano aver influenzato direttamente le telecronache di Bruno Pizzul. Il cui eterno filosofico “problema di girarsi” chiama in causa chiunque mantenga ancora un tenue legame d’amore con il calcio: girarsi dall’altra parte, verso il passato, verso un’Arcadia calcistica idealizzata e felice “e non veder l’amara luce” in cui tramonta lo sport preferito degli italiani.

Di certo, rivista alla moviola l’enfasi di Saba ci fa sorridere. E di quel “portiere caduto alla difesa”, ci viene subito da pensare: maddai, sicuramente s’era messo d’accordo prima. Chissà quanto avrà scommesso! Del nostro istintivo malpensare non possiamo certo incolpare questo Saba così struggente. Anzi: incolpiamo quel che è diventato il calcio se ci fa sentire alquanto patetici questi versi, invece di farci venire i lucciconi sentimentaloni e farci dire “è tutto molto bello”.

Verso il minuto 3:30 il poeta legge, nell’atmosfera informale della sua abitazione a Trieste, le “Cinque poesie per il gioco del calcio” (1933-34).

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter