Nel mirinoLa fotografia di moda e il fattore Munkácsi

Ne è passato di tempo da quando la rivista americana Harper's Bazaar ha pubblicato un servizio di moda destinato a cambiare il corso stesso della fotografia di moda, era il 1933 e si trattava di u...

Ne è passato di tempo da quando la rivista americana Harper’s Bazaar ha pubblicato un servizio di moda destinato a cambiare il corso stesso della fotografia di moda, era il 1933 e si trattava di un editoriale sui costumi da bagno che l’allora direttrice di Harper’s, la grande Carmel Snow, aveva scattato con il fotografo ungherese Martin Munkácsi sulle spiagge di Long Island.

Fino ad allora non si erano mai viste fotografie di moda così: in movimento! Munkácsi rappresenta la prima grande rottura con il passato.

Fu una rivoluzione, Munkácsi ha influenzato con il suo stile generazioni di fotografi, fra cui Richard Avedon e Henri Cartier-Bresson.

Bisogna pensare che l’evoluzione della fotografia di moda è sempre stata legata a due fattori principali: l’evoluzione della moda stessa e quella della teconologia.

Così le immagini di moda in un’epoca in cui esistevano solo macchine di grande formato, difficili da trasportare e con lunghi tempi di esposizione, erano prevalentemente scattate in studio, le modelle non potevano muoversi molto producendo un’estetica che potremmo definire “manichino”.

Nel 1933, le macchine fotografiche “veloci” venivano usate prevalentemente per documentare gli eventi sportivi ed è proprio questa l’intuizione geniale di Snow: prendere un fotografo sportivo, Munkácsi, e fargli illustrare, con il suo stile di reporter sportivo, la moda.

Erano altri tempi, dopotutto c’era ancora tanto da inventare, tanto che non era mai stato fatto, e oggi?

Quale potrebbe essere l’elemento di rottura oggi, la novità, nell’interpretazione della moda attraverso la fotografia?

Dopo Munkácsi ricordo Richard Avedon che sposta il movimento e la vivacità in un ambiente neutro: in studio le immagini “accidentali” di William Klein con un approccio alla moda che potremmo definire “action photography”, per cui sperimenta di tutto: deformazioni, grana, mosso, e poi negli anni ’60 nella fotografia di moda arriva il sesso e Bob Richardson inizia a mostrare le emozioni vere delle donne, nei ’70 Helmut Newton e Guy Bourdin aggiungono al sesso il mistero e la violenza, Newton con le sue donne in controllo della situazione e Bourdin all’opposto con una visione romantica di vulnerabilità, poi arriva David La Chapelle con la sua concezione di fotografia di moda pop come rottura assoluta del reale, immagini coloratissime, kitsch, nei ’90 si introduce il realismo nel glamour, la fotografia di moda subisce l’influenza della cultura dello snapshot nelle fotografie di Corinne Day, Terry Richardson, Juergen Teller, le modelle sono colte nell’intimità di gesti quotidiani, senza trucco, capelli sporchi, luoghi persino squallidi.

Photos by Richard Avedon, Vogue, 1968

Photos by William Klein, Vogue, 1962

Photo By Bob Richardson, Vogue Italia, 1971

Photo by Helmut Newton, Vogue Paris, 1978

Photo by Helmut Newton, Vogue Paris, 1979

Photos by Guy Bourdin, Vogue Paris, 1976

Photo by David LaChapelle, Vogue Italia, 2002

Photo by Corinne Day, 1990

Photo by Corinne Day, Vogue UK, 2005

Photos by Terry Richardson, Vogue Paris, 2005

Photos by Juergen Teller, Vogue UK, 2005

Photos by Juergen Teller, Vogue UK, 2005

E nel frattempo arriva Steven Meisel, che è “uno, nessuno, centomila”, un camaleonte che ha l’abilità di trasformarsi completamente da un servizio all’altro (eppure io riconoscerei le sue foto fra mille), a lui dedicherò un intero post perchè avrei troppo da dire, visto che a mio parere è il più grande fotografo di moda dei nostri tempi.

Photo by Steven Meisel, Vogue Italia, 2012

E il futuro? Che cosa farebbe oggi Munkácsi? Quale potrebbe essere un’estetica interessante da trasferire alla fotografia di moda? Quale potrebbe essere l’elemento di rottura in un mondo ormai così saturo?

Ogni giorno ricevo decine di mail di giovani fotografi che vorrebbero lavorare per Vogue, potrà sembrare il genere più effimero della fotografia ma non è affatto così, e lo dimostrano le immagini dei grandi maestri che superano gli scopi commerciali e le linee editoriali dei giornali per le quali originariamente sono state create, restando nel tempo con implicazioni sociali, psicologiche e culturali.

La moda è difficile, sono veramente tanti i fattori da tenere in considerazione, forse è anche per questo che Meisel è il genio che è, perchè conosce profondamente la moda, anticipa i trend, sa esattamente quali sono i capelli, il trucco e gli abiti giusti. Affinchè una fotografia di moda sia bella non basta un bravo fotografo, tutto deve essere perfetto.

Il mio consiglio è di studiare, oggi con il digitale è diventato tecnicamente tutto più facile, ma mentre la produzione di fotografie – anche – di moda è aumentata vertiginosamente, la loro qualità è altrettanto drasticamente caduta in picchiata, bisogna riprendere in mano i libri dei grandi maestri, passare le giornate negli archivi, studiare la tecnica fotografica, le luci ma anche la moda, l’arte, solo così forse, per quanto possa essere ormai difficile inventare qualcosa di nuovo, si potrà avere una propria visione e scoprire il nuovo “fattore Munkácsi”.

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