I partiti stanno lavorando ad una riforma costituzionale di portata storica che, ancora prima di mutare la struttura di Camera e Senato, modificherà gli equilibri politici nazionali. A partire dalla riduzione del numero di parlamentari e all’aumento dei poteri del premier. Ne approfitta il Pdl giocando la sua “ultima” carta: il presidenzialismo. Ma Napolitano ammonisce: «bisogna vedere che equilibri si creano».
Giovedì prossimo la proposta di riforma costituzionale approderà all’assemblea del Senato con una proposta di legge in cui sono già stati recepiti gli emendamenti proposti da Pd, Pdl e Terzo Polo. Insomma tutti d’accordo per riformare costituzionalmente il sistema politico del paese con una riduzione del numero di parlamentari, più poteri al presidente del consiglio e l’introduzione della “sfiducia costruttiva”.
La riforma parte dalla riduzione dei numeri del parlamento (da 315 senatori attuali a 254 e da 630 parlamentari a 508). Dall’elaborazione del Senato, sarebbe la Lombardia a perdere più senatori passando dagli attuali 47 a 38. C’è poi l’addio al bicameralismo perfetto e agli annessi equilibri politici. Con la proposta di legge si elimina la prerogativa di entrambe le Camere sui disegni di legge perchè quelli in materia di legislazione esclusiva dello Stato sarebbero assegnati alla Camera, quelli in materia di legislazione concorrente con le regioni al Senato. In alcuni casi resterebbe invariata la navette, limitata a tre passaggi, e sarà la camera in cui è stata proposta la legge ad essere il decisore ultimo. Resta invariato lo schema per convertire i decreti legge.
Si modifica anche il ruolo del Governo con l’attribuzione di più poteri al Presidente del Consiglio che diverebbe il titolare del rapporto fiduciario con il parlamento. E sarebbe lui stesso a potere chiedere lo scioglimento delle camere, anche di una soltanto, che formalmente resterebbe un atto del presidente della Repubblica.
L’ultimo passaggio riguarda la “sfiducia costruttiva”: almeno un terzo della camera e almeno un terzo del senato possono presentare una mozione di sfiducia indicando però un nuovo Presidente del Consiglio. Dalla bozza della proposta di legge si capisce il meccanismo:«Quando è approvata una mozione di sfiducia o il Parlamento indica un nuovo Presidente del Consiglio nei ventuno giorni successivi alla richiesta di scioglimento, il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio indicato e su proposta di questi i ministri. In questi casi si intende che il Presidente del Consiglio indicato abbia già ottenuto la fiducia delle due Camere».
Per il Pdl questo tentativo di riforma potrebbe diventare un “salvagente” per il partito dopo i disastrosi risultati delle elezioni amministrative. Berlusconi e Alfano hanno proposto una riforma costituzionale ancora più incisiva che miri ad introdurre in Italia il principio del semipresidenzialismo, o addiritura del presidenzialismo. Una manovra che, per testare la volontà dei vari partiti, potrebbe essere anticipata con la presentazione in un aula di un emendamento. La prima conseguenza sarebbe lo stop immediato del disegno di legge ed un ritorno in commissione ma a quel punto la macchina per avviare la riforma sarebbe già partita.
«Una riforma presidenzialista puo’ essere concepita solo in una nuova Costituzione, ma in questo caso sarebbe necessario dar vita a un’Assemblea costituente che coinvolga l’intero popolo italiano, comunque con la salvaguardia della prima parte della Carta che riguarda i principi fondanti della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza», lo ha detto l’ex-deputato democristiano Gerardo Bianco, a margine dell’Assemblea dei parlamentari della Repubblica cessati dal mandato.