Accadde DomaniLe carte giudiziarie che inchiodano Roberto Formigoni pubblicate da Luigi Ferrarella sul Corsera

Per Roberto Formigoni non sarà una bella domenica. Quando aprirà il Corriere della Sera troverà una brutta sorpresa: una "requisitoria" del cronista giudiziario Luigi Ferrarella, (giornalista di pu...

Per Roberto Formigoni non sarà una bella domenica. Quando aprirà il Corriere della Sera troverà una brutta sorpresa: una “requisitoria” del cronista giudiziario Luigi Ferrarella, (giornalista di punta della giudiziaria per il Corriere della Sera), ben argomentata e fondata sui verbali di interrogatorio di Pierangelo Daccò. Dopo questo colpaccio del Corsera Formigoni farebbe bene  a mantenere le promesse e dimettersi. Ecco il lungo articolo di Ferrarella.

Oltre 140 mila euro nel 2007: per la prima volta nell’inchiesta sulla sanità lombarda ruotante attorno a Pierangelo Daccò, il mediatore munificato con 70 milioni di euro dalla Fondazione Maugeri per la sua indefinita capacità di «sbloccare pagamenti» e «aprire porte in Regione» Lombardia presieduta dal suo amico Roberto Formigoni, emerge non una magari inopportuna generosa ospitalità tra comitive di amici e ospiti di viaggi/aerei/barche/ville in asserite «vacanze di gruppo», ma una utilità, concreta e ingente, propiziata da Daccò direttamente a Formigoni e al suo convivente Alberto Perego. Talmente diretta da dover essere vestita da contratti falsi di noleggio.

Lo yacht Ojala
Il vero problema di Formigoni, infatti, non si chiama «Ad Maiora», lo yacht di Daccò che notoriamente ha ospitato spesso tra tanti amici anche il governatore senza che questi concorresse mai alle spese: questo (al pari degli aerei e delle ville) resta un problema serio di opportunità, che sinora non pare però essere stato molto avvertito dal governatore.

No, il vero problema di Formigoni si chiama «Ojala»: è un’altra barca di Daccò, ma la differenza è che in questo caso è come se Daccò nel 2007 avesse dato 144 mila euro a Formigoni attraverso l’affitto gratuito e l’utilizzo esclusivo di questa barca per quattro mesi. Talmente gratuito ed esclusivo che, essendo la barca totalmente a disposizione di Formigoni e del suo amico Perego senza la presenza a bordo del proprietario Daccò, la società austriaca di Daccò che possedeva la nave si preoccupò di fabbricare apparenti contratti di noleggio da parte di Perego: cioè documentazione che, in caso di controlli in mare, potesse giustificare Formigoni e Perego sulla barca e non li facesse passare per dei «pirati» che l’avevano rubata.

La rogatoria svizzera
Galeotta per Formigoni è stata una rogatoria inoltrata dalla Procura di Milano alle autorità svizzere, che in risposta hanno spedito in Italia anche alcuni contratti che uno dei collaboratori di Daccò, Giuseppe Danzi, aveva inviato a Giancarlo Grenci, il fiduciario elvetico di Daccò, per conto del quale gestiva la società austriaca «M.T.B».

I contratti riguardano l’apparente noleggio dell’imbarcazione «Ojala» nell’estate 2007 tra la titolare della barca, appunto la «M.T.B.» di Daccò, e Perego, un commercialista con società a Torino, come Formigoni aderente ai «Memores Domini» (comunità laicale cara a Comunione e Liberazione), in primo grado nel 2011 condannato a 4 mesi (pena sospesa) per falsa testimonianza per aver negato ai pm la invece documentata paternità di un conto bancario svizzero nell’inchiesta «Oil for Food» sul rappresentante personale di Formigoni in Iraq, quel Marco Mazarino De Petro la cui condanna in primo grado per corruzione internazionale si era prescritta in appello.

Contratti per coprire
Il problema di quei contratti di apparente noleggio della barca è che sono fittizi. Come ammette anche Daccò: «Sono contratti mai eseguiti, nel senso che non è mai stato pagato il corrispettivo previsto dai contratti».

La loro ragione stava nel fatto che, «dovendo ospitare Formigoni e Perego per alcune settimane, il mio fiduciario mi ha consigliato di stipulare contratti di questo tipo in modo che in caso di controlli da parte delle autorità, Formigoni e Perego potessero giustificare l’utilizzo della barca».

Questa copertura aveva cioè senso soltanto se i cosiddetti ospiti navigavano sulla barca da soli, cioè senza che a bordo ci fosse mai anche il proprietario Daccò (che negli altri casi, come per la barca «Ad Maiora», poteva invece sostenere di essere molto generoso e di ospitare a proprie spese gli amici).

Daccò conviene con i pubblici ministeri sul fatto che «la reale motivazione» di quei contratti è che si trattava appunto di «documenti pro forma per coprire gli utilizzatori della barca: «Effettivamente sì, sono contratti necessari a giustificare l’utilizzo dell’imbarcazione per quattro mesi da parte di Formigoni e Perego in via esclusiva e comunque senza la mia presenza in luglio, agosto, settembre e ottobre del 2007». E qui c’è il problema dei soldi: perché «non è stato pagato alcun corrispettivo per l’utilizzo dell’imbarcazione, nonostante nei contratti fosse previsto un corrispettivo di 36 mila euro al mese a carico di Perego».

Dunque Daccò in questo modo ha dato a Formigoni e Perego l’equivalente di 144 mila euro sotto forma di barca «Ojala»: non è bello, ed è anche pericoloso se si pone memoria al fatto che l’anno scorso il sindaco di un grosso comune dell’hinterland milanese è stato arrestato per aver ricevuto in uso gratuito per qualche tempo una Ferrari. Peraltro per un controvalore di «solo» 20mila euro in 40 giorni.

«Sapeva cosa facevo in Regione»
«Formigoni sapeva che svolgevo l’attività di intermediario nel settore della sanità in Regione» dove dal 1978 «sono accreditato, nel senso che rappresento grandi realtà ospedaliere» come via via negli anni «il Fatebenefratelli, la Fondazione Maugeri, il gruppo Ligresti in occasione dell’incidente alla Camera iperbarica», ma – assicura Pierangelo Daccò – «non ho mai parlato con Formigoni di queste questioni. Ovviamente, negli anni ho sfruttato la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi di fronte ai miei clienti».

Il presidente della Regione Lombardia usato dal suo amico come specchietto delle allodole per gli affari del suo amico: non è lusinghiero lo spaccato del Formigoni-uomo di governo che Daccò restituisce ai pubblici ministeri, pur palesemente tutto preso a difendere il presidente da ogni ombra.

«Formigoni insistette a rimborsarmi» sostiene Daccò, che infatti, diversamente da quanto circolato nei giorni scorsi, ribadisce che, in occasione di alcune delle vacanze di Capodanno ai Caraibi, «sono certo che Formigoni tramite Perego mi ha rimborsato i biglietti dei viaggi aerei da me anticipati».

Anzi, lo nobilita persino con un solenne movente: Daccò non ricorda le modalità della restituzione, «forse anche in contanti, ma ricordo che disse che voleva assolutamente rimborsarmi perché era un personaggio pubblico».

E per il resto di tutte le altre spese che documentalmente non può negare di aver affrontato in aerei, barche, hotel, ville e ristoranti, Daccò insiste a derubricarle in forme di propria generosità verso tanti amici (tra i quali Formigoni) nel contesto di viaggi di gruppo. Certo, una generosità pro collettivo assai costosa a Daccò: più di mezzo milione di euro, stando a quello che sinora è emerso.

Il volo per la Pasqua in Costa Azzurra
Ancora il 21 aprile 2011, ad esempio, Formigoni è uno dei partecipanti al viaggio aereo privato per il quale Daccò spende 51 mila euro da Milano a Nizza, «e poi a Cannes dove – dice Daccò – si trovava la barca e dove abbiamo dormito e trascorso tutte le vacanze di Pasqua per poi tornare a Milano con lo stesso aereo preso in noleggio». Analogo gruppo «per il volo aereo a St. Marteen del Capodanno 2010-2011 per il quale ho speso 100 mila euro», così come «per le spese di alloggio presso le ville prese in affitto ai Caraibi» dove anche nei Capodanno 2008-2009 e 2009-2010 «Formigoni e altri amici hanno alloggiato senza corrispondere alcuna quota, Formigoni non mi ha rimborsato alcunché» perché era ospite. Nel caso del 2010-2011, «l’affitto della villa dove abbiamo alloggiato» con «tutte le persone con cui abbiamo volato» è attestato da due documenti contabili di «114 mila e 38 mila euro».

Le altre barche
Quanto alle varie barche, invece, a parte l’imbarazzante questione della «Ojala», Daccò ritiene di smentire il marinaio che ai pubblici ministeri aveva testimoniato di ricordare che nei suoi cinque anni di servizio anche gli yacht «Ad Majora» e «Cinchingaia» erano stati usati «per l’80 per cento delle volte da Formigoni e Perego»: non è vero, dice Daccò, «questo non è corretto, nel senso che anche io ho usato frequentemente le imbarcazioni».

Alcune, come «Ad Maiora», appartenevano a una società di Simone ma era Daccò a chiedergli di tenerla per le pubbliche relazioni, e per questo ne affrontava gli ingenti costi: «30.000 euro al mese in marzo e aprile, e 50.000 per i mesi estivi».

Ma anche qui, secondo Daccò, Formigoni è solo uno degli ospiti, e quindi «non ha mai pagato nulla perché era mio ospite».

I pranzi di Natale al Bulgari Hotel
Del resto, rievoca Daccò, «conosco Formigoni da 20 anni, quando non aveva alcuna carica di spicco, abbiamo un rapporto di grande amicizia, tanto che viene sempre a pranzare con la mia famiglia ogni Natale, spesso presso il Bulgari Hotel di Milano». E «sono stato decine di volte a casa di Formigoni, un immobile di Ligresti in cui abitano 5-6 Memores Domini tutti miei amici» (per tutela della privacy non se ne fanno qui i nomi perché, tranne Perego, sinora non lambiti dalle indagini).

Le cene e l’hotel a Rimini per il Meeting
A proposito delle cene (come quella al ristorante milanese Sadler dove il dirigente della Maugeri, Mozzali, ricorda fossero presenti anche Formigoni, Perego e Simone), Daccò ritorna allo schema dello specchietto per le allodole: «Le organizzavo per le mie pubbliche relazioni, erano destinate a mostrare ai miei conoscenti e clienti le mie conoscenze importanti con politici, esponenti delle forze dell’ordine, professori universitari nelle facoltà di medicina».

E lo stesso accadeva, dice Daccò, per «le 10 stanze che in occasione del Meeting di Rimini prenotavo sempre presso l’hotel Méridien e poi mettevo a disposizione dei miei ospiti»; e per «la cena da 18 mila euro presso il ristorante Lo Squero che durante ogni Meeting organizzavo invitando 50 persone», anche se poi «si allargavano anche agli amici dei miei ospiti fino a 180 persone».

Luigi Ferrarella

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