Abbiamo già messo in evidenza come esistano due OCSE: una è quella dei numeri, l’altra è quella politica. Oggi è la giornata dell’OCSE dei numeri e non sono affatto buoni. Secondo il rapporto dell’Organizzazione il PIL italiano calerà quest’anno dell’1,7% (il Fondo Monetario Internazionale dava 1,9%) mentre per il 2013 è prevista una contrazione dell0 0,4% (0,3% secondo il FMI). L’intera Eurozona vedrà un calo dello 0,1%, ma come si sa è la media del pollo di Trilussa: dentro c’è la Germania che cresce e i paesi periferici che invece decrescono.
Le conclusioni del G8, che pure ha visto un certo isolamento della Germania e la crescente richiesta di varare gli eurobond (a cui si è associata proprio oggi la stessa OCSE), non paiono rappresentare una discontinuità significativa rispetto al passato e la cancelliera Merkel ha avuto gioco facile nell’usare le ambiguità del vertice per pronunciare nuovamente il suo fermo no ai titoli europei.
Intanto il tempo passa e la situazione si aggrava. La Grecia dopo una cura da cavallo è più malata di prima. La Spagna ha dovuto salvare la quarta banca dall’inizio della crisi e pare che non basteranno i 4 miliardi di euro già stanziati (si parla di ulteriori 10 solo per la Bankia e di un totale di 60 miliardi per l’intero sistema bancario spagnolo, da prendere non si sa dove). Il quadro insomma volge verso tinte fosche.
Secondo l’OCSE il nostro paese, contrariamente alle previsioni del governo, non raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2013 ma, se tutto andrà bene, l’anno successivo. L’ultimo rapporto della Ragioneria dello Stato prevede un incremento delle entrate fiscali a causa degli aumenti impositivi ma, aggiunge, nell’ipotesi di una crescita del PIL. Crescita che chiaramente non ci sarà e quindi le stime dovranno essere riviste al ribasso.
A quel punto, a meno di una manovra aggiuntiva (come l’OCSE prevede) l’Italia si ritroverà con un buco nei conti pubblici. Cosa farà quindi il governo? Dati i precedenti, è fin troppo facile immaginarlo: più tasse e più tagli. Le tasse saranno il probabile ulteriore aumento dell’IVA ad ottobre, una misura che deprimerà ancor più i consumi, già colpiti pesantemente (tassiamo i lavoratori quasi 9 punti percentuali in più della media europea, secondo i dati Eurostat diffusi oggi). I tagli più immediati saranno quelli della spending review, ma non è da escludere qualche misura più drastica.
A tutto ciò si aggiunge lo spietato quadro economico-sociale disegnato dall’Istat che, peraltro, si dice assai scettica riguardo la possibilità di ottemperare all’obbligo del pareggio di bilancio, anche oltre il 2014.
Una ricetta fatta di tagli&tasse non può funzionare. A parte qualche rara eccezione, dovuta a circostanze del tutto particolari e in genere legata ad ampie svalutazioni monetarie (strada per noi preclusa data l’adesione all’euro), l’esperienza dimostra che l’austerità non è espansiva e anzi tende a produrre contrazioni sul breve periodo e diminuzione del potenziale di crescita nel lungo: i macchinari del manifatturiero invecchiano e non vengono rinnovati, i computer e i software negli uffici divengono obsoleti, i lavoratori disoccupati non acquisiscono nuove esperienze e competenze. Siamo immobili da 4 anni, dopo essere stati lentissimi nei precedenti 15.
Quando una cura non funziona e anzi il quadro clinico peggiora, la ragione vorrebbe che si cambiasse medicina. Ed eventualmente il medico.