(Es)cogito, ergo sumL’esilio involontario delle parole: la Scozia censura il termine ‘papà’

  Le parole, per coloro che scrivono, sono un'arma bianca, l'unica che possiedono per raccontare, raccontarsi, indignarsi, provare a lasciare un segno in chi le leggerà Tempo fa scrivevo della bizz...

Le parole, per coloro che scrivono, sono un’arma bianca, l’unica che possiedono per raccontare, raccontarsi, indignarsi, provare a lasciare un segno in chi le leggerà

Tempo fa scrivevo della bizzarra e opinabile decisione del Dipartimento dell’Educazione dello Stato di New York, che aveva bandito dai test scolastici cinquanta parole perché ritenute potenzialmente offensive.

Adesso dalla Scozia giunge l’eco di un’altra parola condannata all’esilio. Il Servizio Sanitario scozzese ha infatti censurato la parola ‘padre’ dall’opuscolo destinato ai neo genitori, perché tacciata di essere ingiuriosa nei confronti delle coppie omosessuali che hanno avuto, o pensano di avere, un figlio. Per questa ragione, nella guida, i termini ‘father’ e ‘dad’ sono stati sostituiti dal più asettico termine ‘partner’.

È vero che con le parole non si scherza perché spesso possono diventare proiettili culturali che, se si lasciano correre, corrono e non c’è più verso di fermarli. Però esistono parole da cui non potremmo mai prescindere perché fanno parte di noi, come se fossero un altro strato di pelle. La parola ‘papà’ è una di queste e non solo perchè è una delle prime che pronunciamo, ma soprattutto per le profonde sfumature che contiene.

ll peso specifico delle parole lo decide soltanto chi ascolta, senza l’intervento preventivo di qualcuno che arbitrariamente cassa un termine a favore di un altro.

Lasciamo quindi che la parola ‘padre’ continui a essere scritta così com’è in quel vademecum, senza sterili mistificazioni. I diritti delle persone omosessuali sono legittimi e sacrosanti, ma credo che cancellare la parola ‘papà’ da un opuscolo non aggiunga assolutamente nulla alla loro causa, anzi.

Da parte mia sarò sempre una paladina delle parole, ovunque esse siano maltrattate, espugnate o censurate, perché noi siamo (anche) quello che diciamo.

E se ci fosse qualcuno che la pensasse diversamente, provasse allora a darmi un calcio in mezzo alle parole. Se ci riesce.

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