In un momento in cui i teatri chiudono, gli artisti sono sottopagati, la gente non spende più per la cultura, forse ritenendola inutile, ecco che invece c’è chi prova ad andare avanti. Da amante di Parigi, dell’arte e di Modigliani, non potevo non scrivere di questo spettacolo al Teatro Leonardo da Vinci di Milano.
Si intitola Modì, musica(l) per anime a colori. Di questo grande artista ho letto veramente di tutto: il libro di Corrado Augias Modigliani; Amedeo Modigliani, principe di Montparnasse di H. Lotman; le lettere della sua amata Jeanne Hèbuterne, morta suicida; i ricordi della figlia Jeanne Modigliani e altro ancora.
Gipo Gurrado, l’autore dello spettacolo, scrive: Il capostipite degli artisti maledetti del XX secolo, Amedeo Modigliani, morì a 35 anni a Parigi senza aver conosciuto fortuna in vita, una vita piena di eccessi, alcool e droga nell’atmosfera irripetibile della Parigi del primo Novecento. Due giorni dopo la giovane compagna Jeanne Hèbuterne, al nono mese di gravidanza, si suicida gettandosi dal quinto piano dell’appartamento dei genitori. Neanche William Shakespeare poteva immaginare un epilogo più drammatico e struggente. Modì, scritto e diretto da Gipo Gurrado, è un musical che non ha nulla a che vedere con tutti gli altri musical. Come Modigliani, pur essendo un pittore, non aveva nulla a che vedere con tutti gli altri pittori.
Raccontare la storia di Amedeo Modigliani vuol dire raccontare la storia di chi cerca di vivere d’arte, negli anni Dieci di un secolo, in una grande metropoli. La Parigi di inizio Novecento non è paragonabile a nessun altro posto, né geografico né temporale, nella storia della cultura e delle arti, ma è passato esattamente un secolo da quegli irripetibili anni e voler vivere d’arte tra le vie di Milano non è certo una scelta “comoda”. La storia di Amedeo, del primo artista geniale e maledetto del Novecento, così struggente, crudele e poetica, non è solo un’occasione per raccontare la nascita di un mito, ma rappresenta la possibilità di descrivere cosa si nasconda dietro l’urgenza, dietro la necessità di fare arte a tutti i costi. Senza l’utilizzo di ricostruzioni storiche, né musicali né estetiche, Modì mette in scena, attraverso una partitura musicale continua, questa affascinante epopea lasciandone i contorni sfuocati e procedendo per macchie di colore, di ricordi, di atmosfere, proprio come un ritratto dipinto in uno squallido atelier parigino di inizio Novecento, riscaldato a malapena da una piccola stufa.
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