Fatti di ScienzaMorto inventore telecomando: simbolo di un’epoca?

La cronaca ha portato tutti noi a occuparci di altro, ma sarebbe un peccato lasciare scivolare nell'anonimato la scomparsa di Eugeny Polley, l'ingegnere americano che è passato alla storia come l'i...

La cronaca ha portato tutti noi a occuparci di altro, ma sarebbe un peccato lasciare scivolare nell’anonimato la scomparsa di Eugeny Polley, l’ingegnere americano che è passato alla storia come l’inventore del telecomando per la televisione, scomparso lo scorso 21 maggio.

Nato a Chicago nel 1915, ha passato gran parte delle sua carriera lavorativa alla Zenith Electronics, un’azienda (attualmente coreana) che si è occupata di apparecchi televisivi e radio. Il suo lavoro fruttò la bellezza di 18 brevetti americani, ma non c’è dubbio che il più rivoluzionario fu senza dubbio il telecomando.

Provate a immaginarvi oggi, con centinaia di canali da gestire tra digitale terrestre, satellite e il vecchio etere. Sarebbe impossibile. Il telecomando di Polley fu introdotto nel 1955 e si chiamava Flash-matic. Lo scopo principale per cui era stato sviluppato era il cercare di evitare di guardare la pubblicità, che secondo il fondatore e proprietario della Zenith, l’ex comandante Eugene F. McDonald Jr. gli americani avrebbero difficilmente tollerato di guardare. Buffo pensare che proprio dalla cultura televisiva di tipo americano è nato il grande potere della pubblicità di cui oggi continuiamo a sentire gli effetti.

Non ho le capacità per le analisi sociologiche, ma la scomparsa dell’inventore del telecomando proprio in uno dei momenti di cambiamento maggiore della televisione potrebbe essere l’occasione per chi se ne intende di fare qualche riflessione. In Italia c’è chi, come Santoro, decide di farne a meno (salvo avere successo sulla fama costruita in anni di televisione) o chi come Beppe Grillo ha fondato un movimento a cui membri, praticamente, vieta di andare in televisione. Altri, come Berlusconi, che sulla televisione hanno costruito le proprie fortune sembrano essere sul punto di uscire di scena definitivamente.

Fa anche pensare che uno che è in cima al mondo oggi grazie a Internet, come Mark Zuckerberg (classe 1984), sia giovane e con davanti a sè un futuro luminoso, mentre un tycoon come Murdoch (classe 1931), altro colosso della televisione, abbia solo sedici anni meno dello scomparso Polley.

Fa anche pensare che Wadah Khanfar, il direttore che ha reso Al Jazeera quel fenomeno che è oggi, abbia lasciato perché (lo ha raccontato al Festival del Giornalismo di Perugia qualche settimana fa) “l’innovazione è altrove“.

Anche i recenti confronti televisivi tra Hollande e Sarkozy durante la campagna presidenziale francese hanno mostrato la corda del modello televisivo. Nonostante tutto un’Italia senza le discussioni e le polemiche attorno al “servizio pubblico” e alle nomine RAI non sembra all’orizzonte. Resteremo per sempre il paese dove il telecomando sarà il principale metro di giudizio sull’efficacia della politica, sulla popolarità, sullo status e, talvolta, sulla pura e semplice esistenza di chicchessia? (marco boscolo)

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