Una panchina, un libroNon è un paese per donne

Natsuo Kirino, Le quattro casalinghe di Tokyo, Neri Pozza, 2009 Un intrigrante thriller ambientato a Tokyo. Pubblicato qualche anno fa, mi ha colpito per la sua spietata critica sociale, alla quale...

Natsuo Kirino, Le quattro casalinghe di Tokyo, Neri Pozza, 2009

Un intrigrante thriller ambientato a Tokyo. Pubblicato qualche anno fa, mi ha colpito per la sua spietata critica sociale, alla quale gli amanti del Giappone sono poco abituati. Nel nostro immaginario associamo questo paese all’ordine, al senso della gerarchia, ad una modernità dominata dal culto del bello e dell’eleganza. Ci dimentichiamo che, specialmente nelle aree metropolitane, esiste un ceto medio che lotta per non cadere sotto la soglia della povertà, la criminalità organizzata ha ampi margini di manovra nell’economia, il tradizionale maschilismo relega le donne in posizioni di sudditanza rispetto agli uomini

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Tutti questi aspetti si fondono in un noir atipico, dove nella prima trentina di pagine ci viene rivelato chi è l’assassino. D’altra parte il sangue scorre fino all’ultimo e non mancano situazioni raccapriccianti che potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno. Ma ciò che muove la dinamica narrativa, e che ci fa girare le pagine senza interruzione, è l “effetto domino” dove l’azione di un personaggio conduce a un risultato non voluto, che a sua volta viene gestito male e con azioni ancora più insensate in un crescendo di esasperazione.

La storia ha inizio quando tre colleghe di lavoro sono costrette ad aiutare una quarta compagna, occultando il cadavere del marito che quest’ultima ha ucciso dopo l’ennesimo maltrattamento subito. Sono tutte legate da una labile amicizia, nata per sostenersi a vicenda in condizioni di forte pressione sul lavoro. Perché è il contesto sociale il vero protagonista del romanzo: casalinghe che, per gestire di giorno i figli e i parenti anziani, lavorano da mezzanotte alle cinque del mattino in una grande fabbrica di cibi pronti alla periferia di Tokyo; oberate dai debiti, spesso abbandonate dai mariti, ricorrono a strozzini usurai che hanno il controllo di fatto sulle loro vite; nella fabbrica lavorano anche mezzo-sangue nippo-brasiliani, figli di giapponesi emigrati prima della guerra, che vivono ai margini della società come cittadini di seconda classe ; i mariti frequentano le bische e i bordelli gestiti dalla mafia, dove li intrattengono ragazze cinesi che lasciano le campagne per i soldi facili della prostituzione. Le atmosfere sono perennemente cupe. La notte domina sulla luce. E l’estate è un umido alternarsi di pioggia monsonica e caldo torrido.

Anche i più elementari principi etici evaporano in un simile contesto di degrado e Kirino non giudica i propri personaggi , non li etichetta come buoni, malvagi, vittime o criminali. Li segue con una certa empatia nelle difficili scelte cui sono costretti: sono soprattutto persone sopraffatte dalla solitudine, che hanno perso o non hanno mai avuto fiducia negli altri. Le donne poi sembrano non avere via di scampo (e il pensiero corre a Venivamo tutte dal mare). Anche quelle che, come Masako, il personaggio centrale del romanzo, hanno un’istruzione e nutrivano giustificate ambizioni di carriera vengono stroncate dal sistema patriarcale e obbligate a sottomettersi al più consono lavoro di casalinga.

Natsuo Kirino, che ha al suo attivo oltre venti libri noir, scrive da vera romanziera, modellando con cura atmosfere di malinconica tristezza e personaggi feriti, ognuno a modo suo, dalla vita.

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