L’Olanda, anche a coloro che non ci sono mai stati, evoca una sorta di paradiso in terra, il regno della libertà per antonomasia dove tutto – o quasi- è concesso.
Da poco più di un mese nel Paese dei coffee shop, dove anche la trasgressione può trasformarsi in un delizioso passatempo legalizzato, hanno visto la luce i Repair Café, luoghi dove chiunque può portare un oggetto rotto o non funzionante e trovare qualcuno che provi ad aggiustarli gratuitamente. Una sedia traballante, un aspirapolvere che fa i capricci, un orologio che segna sempre la stessa ora; nel Repair Café ci sarà qualcuno di buona volontà che proverà a ripararli e magari ci riuscirà, senza pretendere compenso alcuno.
L’iniziativa è partita dalla Repair Café Foundation, nata per volontà di una ex giornalista che, dopo la nascita del suo secondo figlio, si è resa conto di quante cose andassero buttate, nonostante potessero ancora essere utili a qualcuno. Il governo olandese ha finanziato l’operazione con un contributo economico di quattrocentomila euro e adesso i Repair Café sono diventati trenta in totale, dislocati in tutta l’Olanda.
In tempi come quelli che stiamo attraversando l’idea dei Repair Café può insegnarci a non buttare via gli oggetti che, con un po’ di buona volontà, potrebbero tornare ad essere utili e a disintossicarci da anni in cui un consumismo neghittoso e un materialismo imperante l’hanno fatta da padroni. Oggi che tutto è diventato monetizzabile è più che mai necessario capire quanto, invece, avremmo un disperato bisogno di gratuità.
Mentre immaginavo il suggestivo beneficio di questi luoghi, mi concedevo il lusso di fantasticare su quanto sarebbe bello se esistessero dei Repair Café dove poter portare anche le cose immateriali affinché qualcuno possa miracolosamente farle tornare come nuove. Un cuore infranto, una fiducia irrimediabilmente incrinata, una speranza disattesa, un’illusione trasformatasi fatalmente in disincanto.
Se si potesse, sarebbe magnifico davvero. Ma questa è un’altra storia.
Purtroppo.