Più dell’oltranzismo, più della messa in latino, più dell’ambivalenza nei confronti della Sede di Pietro, i lefebvriani si sono distinti, nelle ultime settimane, per un’altra particolarità: l’arte del paradosso.
Il papa, innanzitutto, ha ingaggiato con i seguaci di Lefebvre uno strenuo negoziato dottrinale per riportarli in seno alla Chiesa cattolica e suturare uno scisma iniziato negli anni Ottanta. Tra i quattro vescovi tradizionalisti, però, volano gli stracci, e il Vaticano, nell’ultimo comunicato sulla telenovela lefebvriana, ha certificato la scissione interna. Con il risultato che, prevedibilmente, il superiore Bernard Fellay sarà il solo a rientrare in comunione con Roma. E lo scisma tradizionalista si concluderà con un meta-scisma ultra-tradizionalista. Secondo paradosso, i lefebvriani sono stati il principale banco di prova dell’idea cara a Benedetto XVI che il Concilio vaticano II non è stato una rottura della storia della Chiesa cattolica, ma una riforma nella continuità. Difficilmente, però, argomento è stato più divisivo del ritorno dei lefebvriani, facendo emergere, all’interno della Chiesa, rotture mai rimarginate dai tempi del Concilio, tra episcopati nazionali e Curia romana, tra progressisti e conservatori, tra chi tiene al rapporto con gli ebrei e chi no.
Tra gli stessi lefebvriani – ed è il terzo paradosso – è scoppiata una discussione violenta, solo in parte affiorata alla superficie della scena pubblica. Vescovi divisi, distretti nazionali in arme tra loro, il superiore contestato con veemenza, veleni carsici e accuse plateali degne di una riunione di condominio surriscaldata: per una fraternità sacerdotale tradizionalista, gerarchica, anti-conciliare a diffidente della democrazia, niente male. Infine – quarto paradosso – un gruppo aduso a liturgie pre-conciliari e ai paramenti tridentini, al latino e al clericalismo reazionario, si è scatenato in una battaglia su internet fatta di incursioni tempestive e cyber-rappresaglie, silenzi studiati e uso a tappeto di forum e blog, fughe di notizie a tradimento e mailing list di tamponamento. Un uso dei mezzi di comunicazione all’avanguardia degna del migliore agitprop. Al punto che il superiore della branca francese, l’abate Regis de Cacqueray, temendo l’esplosione della fraternità prima dell’accordo con Roma, ha proposto la “astinenza da internet”. Lo ha fatto pubblicando un comunicato accorato. Ovviamente, su internet.