Fa riflettere ma non sorprende il rapporto 2012 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani in Italia. La fotografia precisa degli assalti ai campi rom, dei respingimenti in mare, dei trattamenti inumani dei CPE, della vita da maschi alfa dominanti propinata dai media nazionali.
Il rapporto non lascia infatti alcun dubbio, a maggio, il Comitato consultivo della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa per la tutela delle minoranze nazionali ha reso noto il suo terzo parere sull’Italia rilevando “un aumento dei comportamenti razzisti e xenofobi nei confronti di alcuni gruppi quali rom, musulmani, migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Il Comitato ha anche espresso preoccupazione per l’ulteriore peggioramento delle condizioni di vita delle comunità rom”. Addirittura Amnesty va nello specifico e critica l’operato di Pisapia:“sebbene le autorità di Milano elette a maggio non abbiano lodato pubblicamente gli sgomberi dei campi rom con i mezzi d’informazione, come avevano fatto i loro predecessori, gli sgomberi sono proseguiti in modo incompatibile con gli standard sui diritti umani”.
Ancora più drammatico è il profilo legato ai diritti dei migranti “nel corso dell’anno, più di 52.000 persone sono giunte in Italia via mare dall’Africa del Nord, in particolare sull’isola di Lampedusa, con un considerevole incremento rispetto agli anni precedenti. La risposta delle autorità è stata carente e ha determinato violazioni dei diritti umani di richiedenti asilo, migranti e rifugiati. Tra le azioni intraprese ci sono state espulsioni sommarie di massa, violazioni del divieto di non-refoulement e detenzioni illegali. È stata espressa la profonda preoccupazione che l’applicazione di accordi per il controllo dell’immigrazione, firmati con vari paesi nordafricani come Libia, Tunisia ed Egitto, avessero come conseguenza la negazione dell’accesso alla protezione internazionale per i richiedenti asilo e il rischio di espulsione sommaria. Le condizioni nei centri di accoglienza e detenzione non sono state conformi agli standard internazionali; richiedenti asilo e rifugiati sono stati lasciati nell’indigenza”
Ciò che preoccupa è “il ricorso del governo alle leggi antiterrorismo”, la mancata ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ma soprattutto il vulnus legislativo in merito al reato di tortura che non è stato ancora inserito nel Codice Penale. Così come “non sono stati istituiti meccanismi efficaci per prevenire i maltrattamenti della polizia né sono state adottate misure concrete per garantire indagini appropriate e, laddove necessario, procedimenti giudiziari contro gli agenti coinvolti in violazioni dei diritti umani”.
Dulcis in fundo, “a luglio, il Comitato Cedaw ha reso pubbliche le proprie osservazioni conclusive, sollecitando l’Italia, tra le varie cose, a introdurre politiche per superare la rappresentazione delle donne come oggetti sessuali e per mettere in discussione gli stereotipi sul ruolo di uomini e donne nella società e nella famiglia”.
Insomma un quadro quantomeno preoccupante, se ne consiglia un’attenta lettura