Scusi, mi servirebbe del Prozac. L’Italia sarà il Paese ospite alla fiera del libro di Madrid (25 maggio-10 giugno). In occasione della presentazione ufficiale dell’evento è uscito su El País un editoriale (eccolo qua) molto interessante e/o deprimente sullo stato delle cose per la letteratura italiana, con particolare attenzione ai nostri giovani scrittori.
Se siete appunto un giovane scrittore e – come spesso accade a coloro che sono baciati dalla vocazione letteraria – siete proni alla depressione, vi consiglio caldamente di non leggere quanto segue.
Sedotti e Abbandonati. Fra gli esperti interpellati nell’editoriale, Alessandro Baricco, in qualità di scrittore di best-seller, dice che in Italia gli editori sono stanchi e disillusi, e non seguono gli scrittori come dovrebbero. Cercano il boom con un libro, ma poi non hanno la pazienza di coltivare e far crescere l’autore (cita ad esempio Roberto Saviano e Paolo Giordano…). Insomma, le case editrici tartassate dalla crisi, cercano le hit e poi abbandonano l’autore incappato negli effimeri e pericolosi privilegi del successo. La solitudine dei numeri primi è la nuova Dammi tre parole?
Baricco poi aggiunge: «Non dobbiamo dimenticare che siamo figli di un Paese stanco. Un Paese, come il resto dell’Europa, che da tanto tempo non si appassiona più a niente. I giovani scrittori si trovano dinanzi al difficile compito di raccontare un Paese abbastanza morto».
Al che, volendo, si potrebbe anche controbattere citando il grande Faulkner: «Il francobollo di terra nel quale sono nato non ha assolutamente nulla che valga la pena di essere raccontato, ma non esaurirò mai l’argomento».
Ma in ogni caso, anche cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, a rincarare la dose ci si mette Riccardo Cavallero, direttore generale libri di Mondadori: «È la prima volta da che ho ricordi che il premio Pulitzer non viene consegnato a uno scrittore. E questo è un sintomo. Qualcosa sta passando a livello mondiale. La gente è persa. La gente si sta cercando». La gente si sta cercando? Sembrerebbe più che altro che la gente preferisca Uomini e Donne a Uomini e Topi.
Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli: «Bisogna tenere in conto che in Italia c’è una minoranza che legge molto, i così chiamati lettori forti, che chiedono libri ben fatti, di buoni scrittori, di qualità. Però c’è una grade maggioranza, circa la metà della popolazione, che non legge neache un libro all’anno» (guarda tutti i dati in un’infografica de Linkiesta).
Quando ormai l’articolo emanava un senso di angoscia latente ecco che Cavallero, con una deliziosa mossa strategico-felina da navigato businessman, riporta una ventata d’aria fresca: «Per quanto riguarda Mondadori, stiamo lanciando una nuova collana a prezzi bassi per promuovere i nuovi autori. Una specie di palestra per gli scrittori emergenti. Perché in tempo di crisi, anche il lettore deve stare nella nostra mente. Non puoi chiedergli, anche se è un lettore forte, che si assuma il rischio di spendere 22 euro per un libro che non sa se gli piacerà».
La crisi però a quanto pare non è l’unico elemento che danneggia il panorama letterario italiano. Infatti, a quanto emerge dall’articolo, i timori più nefasti di Mario Vargas Llosa si sono avverati: il digitale ha cominciato a condizionare non solo la maniera di leggere ma anche quella di scrivere.
È tempo di letteratura anoressica. No, no sto parlando dell’autobiografia di Victoria Beckham. Nell’articolo emerge un altro punto interessante, ovvero il nuovo trend letterario conseguenza delle rivoluzione digitale. È stato lo scrittore argentino Alan Pauls a inventare la definizione di «letteratura anoressica». Dice Cavallero a riguardo: «I grandi autori che hanno venduto moltissimo – parlo di scrittori da 400.000 copie per titolo – stanno cambiando la loro forma di scrivere, condizionati dal digitale. Prima, i libri erano di 400, 500 o 600 pagine. Oggi la gente vuole leggere cose più corte. Si vendono molti racconti. Siamo nella “primavera dei racconti”. E questi, che storicamente sono sempre stati un incubo per gli editori (quasi una legge della fisica: “se pubblichi racconti, non venderai”) sono diventati molto ricercati. Essendo continuamente bombardati da centinaia di stimoli diversi, è, in effetti, abbastanza logico che i tempi di concentrazione si riducano notevolmente.
Ciliegina sulla torta (o mazzata finale, come preferite), di questo manifesto del decadentismo letterario italiano sono le parole nell’articolo del grande editore Jorge Heralde, della storica casa editrice indipendente spagnola Anagrama: «Il primo libro che pubblicammo fu di Pavese, e negli anni quattro scrittori fondamentali per noi furono Alessandro Baricco, Roberto Calasso, Claudio Magris e Antonio Tabucchi. È pero vero che ora è impossibile sapere cosa succederà con l’editoria. Io sono sempre stato un militante anticatastrofista, e fino ad ora con giuste ragioni, però ora non si può davvero sapere cosa succederà. Se è stato sempre difficile giocare a fare il profeta, ora, con il libro elettronico, è semplicemente impossibile».