Perché non ci sia più una scuola di San Giuliano, perché non ci sia più la casa dello studente dell’Aquila e perché non ci siano più i capannoni dell’Emilia Romagna c’è solo una risposta: prevenzione. Prevenzione all’infinito e perché prevenire è sempre meglio che curare. Comune per Comune.
Fin dai banchi della scuola a generazioni di italiani è stato insegnato che la terra è cosa viva, che si muove e che talvolta si scontra. La forza meravigliosamente viva della natura capace di un impensabile potenza distruttrice. L’Italia lo dovrebbe sapere bene perchè lo dice la protezione civile con la classificazione nazionale sismica e perchè lo insegna la storia degli ultimi decenni: Friuli, Irpinia, Umbria, Molise, Aquila e ora Emilia Romagna. Davanti alla tragedia di queste ore il miglior servizio che si possa rendere al paese è pensare seriamente ad un piano nazionale di prevenzione che riguardi le case, le industrie e i beni culturali.
Esiste un elenco, disponibile sul sito della protezione civile, che fornisce, comune per comune, i dati suddivisi in quattro categorie: «Zona 1 – E’ la zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti terremoti; Zona 2 – Nei comuni inseriti in questa zona possono verificarsi terremoti abbastanza forti; Zona 3 – I Comuni interessati in questa zona possono essere soggetti a scuotimenti modesti; Zona 4 – E’ la meno pericolosa. Nei comuni inseriti in questa zona le possibilità di danni sismici sono basse».
Ma soprattutto ci dovrebbe essere il buonsenso perché l’Italia è un paese a medio-rischio in cui molte zone, anche a rischio 3, sono sempre da considerarsi aree delicate in cui è fondamentale una progettazione antisismica.
L’italia non può ritrovarsi ancora una volta a curare senza prevenire, non può più. Solo con la prevenzione in un domani si potrà pensare di soccorrere, in caso di terremoto, il patrimonio artistico italiano che, oggi, è necessariamente messo in secondo piano per fronteggiare l’emergenza civile.
29 Maggio 2012